Michael Stone è un autore di manuali di comunicazione d’impresa. Celebre nel suo campo, è in procinto di atterrare a Cincinnati per una conferenza. Sta rileggendo una lettera di dieci anni prima, a cui (intuiamo) non ha mai risposto: la lettera di un’amante perduta, abbandonata per ragioni oscure o, più probabilmente, per nessuna ragione. Giunto in albergo, il protagonista la cerca, la incontra, manda all’aria le cose, e infine incontra Lisa, conduttrice di televendite e ammiratrice, nella quale trova un’insperata e nuova complicità.

Anomalisa è estremamente affascinante, sfaccettato, eppure straordinariamente coerente nelle sue premesse e nei suoi sviluppi. Il film è realizzato con pupazzi animati a passo-uno, con volti interscambiabili à la Laika Studios. A dispetto della messinscena visivamente ingombrante, tuttavia, alla base del discorso, qui, non c’è l’immagine ma la voce, intesa in una molteplicità di accezioni diverse ma interconnesse.

Due righe sulla genesi: Anomalisa nasce da due fonti. La prima è un copione scritto da Kaufman nel 2005 per un progetto teatrale sperimentale di Carter Burwell, compositore. Il progetto, chiamato The Theatre of The New Ear, proponeva letture teatrali accompagnate esclusivamente da elementi sonori: in sostanza, radiodrammi a scena aperta. La seconda fonte, più recente, è una campagna di finanziamento dal basso ospitata dalla piattaforma Kickstarter, volta ad adattare il vecchio copione di Kaufman in un film a passo-uno codiretto da Duke Johnson, personalità registica in ascesa nel microcosmo dell’animazione.

L’adattamento animato raccoglie e sviluppa l’idea fondamentale del copione teatrale di Kaufman. L’utilizzo dei pupazzi animati dà corpo alla solitudine dell’individuo: protagonisti a parte, i pupazzi hanno fattezze generiche, indistinguibili. Ma è la voce, appunto, a farsi carico di significare la tensione al centro del testo: Michael e Lisa hanno voci uniche, mentre gli altri personaggi – maschili e femminili – sono doppiati tutti dallo stesso attore (Tom Noonan) e formano un coro anonimo e vagamente kafkiano di altri.

Il film è stato finora inquadrato come studio di un personaggio in crisi d’identità, affresco sulla solitudine maschile, o come commedia romantica dai toni meno cerebrali rispetto a Synecdoche, New York, e più vicina piuttosto alla temperatura emotiva di Se mi lasci ti cancello. Il senso di solitudine e intimità che anche qui caratterizza i protagonisti appartiene, innegabilmente, alla scrittura kaufmaniana, e colloca Anomalisa saldamente all’interno di un orizzonte di opere consolidato: da Essere John Malkovich (nel quale troviamo già il motivo delle marionette) fino al già citato capolavoro di Gondry. Il film, del resto, nasce da un copione del 2005, e la cosa non sorprende più di tanto.

Sorprende piuttosto che l’enfasi sugli elementi più francamente sentimentali dell’immaginario kaufmaniano abbia deviato l’attenzione critica dalla natura schiettamente solipsistica del film (Catherine Shoard parla, incredibilmente, di una storia in cui ‘mancano elementi meta’ (1)). Anomalisa è dall’inizio alla fine un film sul rapporto tra voce e scrittura, i cui elementi chiave sono lo scrittore, il linguaggio e l’incontro con l’altro come orizzonte impossibile di emancipazione.

Michael è – non a caso – uno scrittore, e per di più uno scrittore di manuali sulla comunicazione. Senonché, dalla lettera iniziale all’incontro fallito con l’ex amante, l’uomo si rivela incapace di comunicare: schiacciato dal proprio linguaggio, dal proprio accento, dai codici che lo definiscono in quanto soggetto artificiale: pupazzo, appunto. Ciò che gli resta – l’ancora a cui si aggrappa nella sua ricerca di autenticità – è una voce.

C’è a questo proposito una dose d’ironia nella doppia filiazione del progetto, ironia che mi pare sia sfuggita alla maggior parte dei commentatori. Il fatto che Anomalisa sia il parto condiviso di una folla anonima di finanziatori e, allo stesso tempo, l’opera idiosincratica di un autore chiuso e ‘incomunicabile’ come Kaufman riflette una tensione fondamentale. Vale per Kaufman quello che chiamerei il paradosso di Burton: rappresentazioni dolorosamente autentiche, nell’intimità della loro solitudine, finiscono per generare universi di ricezione e di discorso in cui ‘tutti si riconoscono’ – critici inclusi, a quanto pare.

Eppure il film è chiarissimo, fin dal titolo: il punto, cioè, è trovare l’anomalia, la parola che in quanto parola permette di riaprire il discorso, aprire cioè l’intima verità dell’io-scrittore al contatto con l’altro. «I don’t feel guilty for being strange any more – commenta Lisa dopo l’incontro con Michael – because there is a word for it». Si tratta insomma di rinnovare i codici, trovare nuovi spazi di verità (si veda, per contrasto, la satira del gergo commerciale nel film).

Viviamo però in tempi postmoderni, e la sincerità è impossibile: Lisa e Michael si scoprono complici, sì, ma parlando di una canzone di Cyndi Lauper. Tutto è già mediato, già scritto: quel che si può fare è sforzarsi di riassorbire la mediazione, renderla trasparente. Questa, in brevissimo, è la chiave dell’arte kaufmaniana.

Resta da capire, in chiusa, se e cosa questo film aggiunga al corpus della drammaturgia dell’autore. Poco, mi verrebbe da rispondere. Eric Kohn (2) avanza l’ipotesi che Anomalisa catturi il ‘senso di intrappolamento ad opera di forze al di là del controllo dell’individuo’ proprio del decennio post 11 settembre. Può essere. A me pare che le forze al centro del film siano di natura linguistica, prima che socio-politica, ma non è detto che le due debbano escludersi a vicenda. Resta comunque l’impressione di un’opera che si nasconde a sé stessa: un’opera e forse un autore rassegnati a una timida speranza, incapaci (come Michael, in una scena magistrale) di togliersi la maschera.

[1] Catherine Shoard, Anomalisa review: sex and depression in Charlie Kaufman’s superb stop­motion breakdown, The Guardian, 5 settembre 2015, http://www.theguardian.com/film/2015/sep/05/anomalisa­review­sex­anddepression­in­charlie­kaufmans­superb­stop­motion­breakdown

[2] Eric Kohn, Telluride Review: Charlie Kaufman’s Marvelously Strange ‘Anomalisa’ is An Animated Identity Crisis, Indiewire, 5 settembre 2015, http://www.indiewire.com/article/telluride­film­festival­charlie­kaufmansmarvelously­strange­anomalisa­is­an­animated­identity­crisis­20150905

Anomalisa di Charlie Kafman e Duke Johnson, Usa 2015, 90′. In sala dal 25 febbraio 2016 (Universal Pictures).