Paternal Leave

Alla 43ª edizione del Bellaria Film Festival la paternità fa da fil rouge, a partire dal film d’apertura Ari di Léonor Serraille: un ritratto doloroso e frammentato di un ragazzo alla deriva che ritrova sé stesso nell’essere padre.

La riflessione prosegue poi con Paternal Leave, diretto dall’attrice e regista tedesca Alissa Jung, approdata a Bellaria con il suo primo lungometraggio.

Presentato all’interno del concorso Casa Rossa Internazionale, Paternal Leave racconta la storia di Leo (interpretata da Juli Grabenherich), una giovane ragazza che dalla Germania decide di intraprendere un viaggio in Italia alla ricerca del padre perduto, Paolo (Luca Marinelli), ex-surfista che ora gestisce un bar a Marina Romea, lungo la Riviera Romagnola.

Ed è proprio la Riviera, qui fredda e inospitale, a fare da sfondo a questo coming of age rabbioso e delicato. Il territorio diventa parte integrante della narrazione, riflesso del turbamento e delle difficoltà dei protagonisti; dalla riluttanza di Paolo ad accogliere e accettare il proprio passato, alla rabbia e ricerca di risposte di Leo, fino all’irrequietezza del personaggio di Edoardo (Arturo Gabbriellini), costretto a nascondere sé stesso da un padre violento e da un paese di provincia a cui importa solo ‘di cosa gli uomini hanno in mezzo alle gambe e della religione’.

I silenzi e i gesti impacciati e appena accennati parlano dell’incapacità dei due protagonisti di capirsi realmente. Gli azzurri della riviera, i colori sbiaditi di un banchetto che vende panini, il grigio del cielo che si confonde col mare immergono nell’atmosfera malinconica del film. Se Paolo, diventato padre quando non era ancora pronto ad esserlo e incapace di affrontare le conseguenze del suo passato, si confonde con la tristezza dello sfondo, la presenza illuminata e in primo piano di Leo ne squarcia la routine: ragazza schiva e arrabbiata, pone domande a cui suo padre non sa rispondere.

La spiaggia, con le sue dune di sabbia imponenti, il paese desolato e la pineta incolta trasmettono tutta l’inquietudine del mare d’inverno. L’unico tocco di colore, che è qui anche un tocco di speranza, arriva dal rosa dei fenicotteri che Leo e Paolo incontrano durante uno dei loro momenti insieme; un’immagine sospesa e fragile, come il legame che si crea tra padre e figlia.

Paternal Leave è un’opera prima che riesce a catturare la fragilità emotiva di una figura maschile in difficoltà nell’affrontare le proprie responsabilità. In modo profondo e delicato, ci si addentra nella complessità dei cambiamenti che attraversa oggi il ruolo genitoriale, e in particolare paterno. Il racconto lucido di un tentativo di rimediare ai propri sbagli che, per quanto incerto, è comunque sincero. E a volte, basta questo per ricominciare.

Elena Baldo


That Summer in Paris

‘’Perché dovrei essere come tutti gli altri?’’. Con questo pensiero inizia la vacanza in solitaria di Blandine, che sa quanto sia difficile condividere la vita con qualcuno. Ma ancora più difficile è provare a restare soli nella frenesia e nelle distrazioni della vita. 

In That Summer in Paris, la regista francese Valentine Cadic ci porta in vacanza con la protagonista (Blandine Madec), per accompagnarla a esplorare una Parigi invasa dal tumulto delle Olimpidi, o meglio ‘’les jeux’’, ‘’i giochi’’, come vengono chiamati nel film. Arrivata in città per visitare la sorellastra che non vede da 10 anni e per conoscere la nipote, Blandine, appassionata di nuoto, non riesce ad accedere agli spalti per assistere alle gare e viene allontanata dall’ostello dove soggiorna da appena una notte. Si ritrova quindi a dormire sul divano delle parenti e, proprio attraverso le conversazioni con loro e la casualità in cui è immersa, emergeranno dettagli sulla sua vita che la porteranno a scoprire di più su se stessa.

That Summer in Paris è un film sulla ricerca di sé, sul saper scindere il proprio io solitario da quello più sociale, sul voler restare da soli, ma non poterlo essere mai davvero, soprattutto quando si è circondati da estranei. Blandine vorrebbe vivere in un mondo diverso, si aspetta che le persone siano più gentili, comprensive, la ascoltino e si ascoltino, ma sa che è impossibile trovare ciò. E la regista riesce perfettamente a comunicare tutto questo: con un velo di ironia, si è immersi nello scenario dei giochi olimpici, che animano e allo stesso tempo deturpano la capitale francese, scoprendo a poco a poco un personaggio timido, pacato, ‘’che rispetta le regole’’, con la quale godersi una luminosa estate parigina.

Moderna versione di un film della Nouvelle Vague, tra Agnès Varda e Éric Rohmer, il film è una slice of life, il racconto delle giornate che si avvicendano nel bel mezzo della crisi esistenziale di una giovane adulta.

Proprio come les jeux destinati a concludersi, anche questi momenti e incontri non sono altro che parte di un grande gioco. Un gioco che ha delle “regole da rispettare”, ma è anche pieno di imprevisti. E forse, a volte, tutto ciò che serve è saper assaporare questi attimi fugaci e continuare a giocare.

Pietro Verga