IL CLIENTE

Mario Blaconà

Asghar Farhadi torna a raccontare un Iran carico di contraddizioni e ferite nascoste, concentrandosi ancora sulle differenze culturali e di censo che in una città complessa come Teheran sono oggi quanto mai vivide e presenti.

I MIGLIORI FILM DEL 2016

filmidee

Un anno di cinema riassunto nelle preferenze dei collaboratori di Filmidee, con molti titoli che hanno trovato un riscontro nei maggiori festival internazionali del 2016 ma ancora attendono una distribuzione italiana.

AMORE E INGANNI

Giulia Longo

Il nuovo film di Whit Stillman adatta Jane Austen e omaggia l'ironia della sua scrittura, costruendo una raffica di fulminei botta e risposta che, con arguzia, rilanciano la critica della società e dei suoi tabù.

I CORMORANI

Alberto Diana

Mostrando due ragazzi sospesi tra infanzia e adolescenza, l'opera prima di Fabio Bobbio non si inerpica sui sentieri del Bildungsroman, anteponendo alla narrazione le piccole mutazioni che abitano lo scorrere del tempo.

NOCTURNAL ANIMALS

Giuseppe Canonico

Premiato al Festival di Venezia, il film di Tom Ford estende a più piani narrativi una riflessione sul rapporto tra arte, senso di colpa e relazioni, ma non si sottrae al calligrafismo estetizzante del suo approccio al cinema.

FAI BEI SOGNI

Marco Longo

Libero adattamento del romanzo autobiografico di Massimo Gramellini, l'ultimo film di Bellocchio riflette sul rapporto irrisolto con la verità, processandolo entro la prospettiva non di un singolo, ma di un intero Paese.

LA RAGAZZA
SENZA NOME

Daniela Persico

Nella loro opera meno compatta, sorta di anti La Promesse, i Dardenne raccontano il grado zero del rapporto con l'altro e la necessità di colmare una distanza per ricostruire una relazione perduta.

NERUDA

Francesca Monti

Larraín compie un passo indietro nel tempo, verso le radici profonde del senso di annichilimento prodotto dalla dittatura cilena, rilanciando la questione politica a partire dalla dimensione artistica.

FRANTZ

Emanuele Sacchi

Il film di Ozon assorbe nobili influenze ma ne rifugge una rappresentazione postmoderna, scegliendo l’inganno, il ratto, l’usucapione cinematografica. Trova così la propria identità e il proprio senso.

MA LOUTE

Gabriele Gimmelli

Dumont trova nella farsa la forma più congeniale per raccontare una volta di più la paralisi di una società che, per quanto appaia assurda e delirante, risulta dopotutto impermeabile a qualsiasi cambiamento.