Karel Zeman (1910–1989) rappresenta una delle figure prominenti del cinema d’animazione cecoslovacco, insieme al coevo Jiří Trnka e alla pioniera Hermína Týrlová (e naturalmente al contemporaneo Jan Švankmajer). La fase iniziale della sua carriera, nell’immediato dopoguerra, è incentrata sull’animazione di pupazzi in stop-motion, come quella che caratterizza l’opera del collega Trnka, che affonda le sue radici nella tradizione boema del teatro di marionette, e nella tecnica dell’animatore russo Ladislas Starevich. Zeman, però, sviluppa presto uno stile personale, sfruttando tutte le possibilità offerte dall’animazione mista e dalle tante combinazioni possibili tra riprese live action con cartoni animati, stop-motion e altre tecniche, e fondali dipinti. Questa sua ricerca estetica raggiunge l’apice nei lungometraggi fantastici degli anni Sessanta, Il Barone di Munchausen  (Baron Prásil, 1962), I ragazzi del capitano Nemo (Ukradená vzducholod, 1967) e L’arca del sig. Servadac (Na komete,1970).

Sono film impregnati di quel senso del meraviglioso proprio dei romanzi d’avventura ottocenteschi, fatti di leonardiane macchine volanti e veicoli subacquei, anche a pedali, dirigibili, mongolfiere, sommergibili, mondi perduti e terre dimenticate dal tempo con relativi dinosauri, uomini con scafandro, piovre e mostri marini, ingranaggi e laboratori con alambicchi. Sicuramente è un riflesso dell’esperienza dei tanti viaggi esotici fatti da Zeman da ragazzo. Ma è soprattutto un immaginario letterario, attinto a piene mani da scrittori come Jules Verne e Gottfried August Bürger, che pongono Zeman come l’epigono naturale di Georges Méliès. I trucchi e gli effetti speciali dell’animatore cecoslovacco rappresentano l’attualizzazione delle fantasmagorie del pionere del cinema. I fondali dipinti, la pratica di ricreare visioni sottomarine filmando attraverso un acquario – come fa vedere anche Scorsese nel suo recente omaggio a Méliès –, le sovrimpressioni, i tableaux vivant, la percezione della profondità di campo, tutti elementi che fanno di Zeman il prosecutore dell’opera dell’antesignano della settima arte. Il gioco di prestigio svelato e le svariate scene di illusionismo in I ragazzi del capitano Nemo sembrano proprio omaggiare il mago di Montreuil e quel cinema delle attrazioni. L’ambiguità della profondità di campo trova il suo apice in alcune scene del Barone di Munchhausen, dove è massima la confusione tra illusione prospettica di sfondi disegnati, bidimensionali, ed effettiva tridimensionalità: si vedano le scene del lungo tavolo che si perde all’orizzonte per il banchetto aristocratico e quelle nella prigione dei sotterranei, su sfondi alla Piranesi. Ma anche la successione di aperture di portoni e grate nel castello de I ragazzi del capitano Nemo e l’uso frequente della prospettiva forzata in tutto il suo cinema.

All’inizio de L’arca del sig. Servadac è centrale il discorso sulla natura, sull’essenza delle immagini: all’interno di un cinema che prevede l’interscambiabilità continua tra immagine fotografata e immagine disegnata, entrambe con pari valenza, Zeman utilizza cartoline d’epoca di gusto liberty, come anche i manifesti de I ragazzi del capitano Nemo, in successione per raccontare la storia del colonialismo. Sono figure sospese, immagini nell’immagine, dei re-cadrage diegetici, una soluzione che aveva già utilizzato per i quadri all’interno della fortezza di Baron Prásil e in altri film. Ma Zeman gioca anche per sottrazione, con l’assenza di immagini, come nelle gag da mimo – il soldato che fa una frittata immaginaria o il baciamano con la ragazza inesistente, proveniente ancora da una cartolina – in L’arca del sig. Servadac. Il gusto sette-ottocentesco di Zeman si ritrova nei fondali dipinti che possono rifarsi a Gustav Dorè, a Piranesi in Baron Prásil, a Seurat e al divisionismo in I ragazzi del capitano Nemo, ma anche alle incisioni ottocentesche. Molti sfondi poi riprendono le illustrazioni dei libri di Verne, opera degli artisti Rion e Bennet che pure lavorarono con Méliès. E ancora va citata la straordinaria immagine del can-can sulla mongolfiera, preceduta dalla battuta «Viviamo nel secolo della tecnica», la Marcia di Radetzky ricorrente ne I ragazzi del capitano Nemo.

L’altra importante peculiarità del cinema di Zeman è la coloritura politica, pur all’interno di opere per ragazzi. Nel finale di I ragazzi del capitano Nemo – film peraltro con parti in stile western, il genere simbolo della frontiera nel cinema americano – si esprime il concetto del capitalismo malvagio e rapace, con il crack finanziario e l’immagine satirica del magnate truffatore, propugnatore di un brevetto che si è rivelato un bluff, non a caso un americano, che si abbuffa incurante delle proteste di strada contro di lui. Ma questo discorso si fa massimo in L’arca del sig. Servadac che tratta il tema del colonialismo. Già dalla prima foto d’epoca incorniciata che ritrae un battaglione di militari con una tigre abbattuta come trofeo, un’immagine che crea un filo conduttore con l’artista sudafricano William Kentridge, accostabile a Zeman non solo per il calembour visivo ma anche per la simbologia del rinoceronte ucciso in un safari, simbolo dei soprusi del colonialismo. All’interno di un film di fantascienza, la presenza di un pianeta che si avvicina alla Terra viene salutata dai soldati britannici come un’appetibile nuova colonia di Sua Maestà. Si è già detto della successione di cartoline all’inizio del film, cui fa il paio un’altra raffigurazione fortemente simbolica: un bassorilievo, sul modello dell’arte orientale, raffigurante dei contadini soggiogati dalla presenza di un uomo occidentale che impugna una pistola.

Trait d’union tra il modello di rappresentazione primitivo di Méliès e le recenti sperimentazioni, da Švankmajer ai fratelli Quay, connubio perfetto tra visionarietà figurativa, senso del fantastico ottocentesco con una visione progressista critica, Zeman rimane uno dei cardini della storia del cinema d’animazione.

KAREL ZEMAN COLLECTION (Sinister Film)
IL BARONE DI MUNCHAUSEN (Baron Prásil), regia di Karel Zeman, Rep. Ceca 1962, 87′
I RAGAZZI DEL CAPITANO NEMO (Ukradená vzducholod), regia di Karel Zeman, Rep. Ceca 1967, 89′
L’ARCA DEL SIG. SERVADAC (Na komete), regia di Karel Zeman, Rep. Ceca 1970, 90′