In ultima analisi, ogni opera d’arte, purché originale e volta a rompere con il passato anziché ripeterlo, è sovversiva. Usando nuove forme e contenuti, si oppone al vecchio e serve come forza perennemente dinamica al servizio del cambiamento, in uno stato di divenire permanente. È quindi il trionfo, l’ironia e l’inevitabile destino del creatore sovversivo, quando gli riesce, il superare immediatamente se stesso, perché al momento della vittoria egli è già passato.
L’arte non potrà mai prendere il posto dell’azione sociale, e la sua efficacia può essere seriamente indebolita dai limiti imposti dalla struttura del potere, ma il suo compito rimane sempre lo stesso: cambiare la coscienza. Quando ciò accade, anche se soltanto con un singolo essere umano, si tratta di un risultato talmente importante da fornire sia giustificazione che spiegazione all’arte sovversiva.

L’artista sovversivo agisce come essere sociale. Infatti, se è vero che gli sviluppi della filosofia, della politica, della fisica e della cosmologia hanno influito sulla evoluzione dell’arte moderna e che la sovversione del regista contemporaneo è nutrita dall’arte stessa, essa è anche direttamente legata alla società nel suo insieme. L’artista si trova dunque in contrasto con la crescita caotica e cancerogena della società, al servizio del profitto e di un incurante disprezzo per i valori umani. Da qualunque parte si volti, egli vede sfruttamento ed enormi ricchezze, povertà e deserti, la distruzione di razze e di interi Paesi, la negazione della libertà personale, la corruzione del potere e del privilegio, e la crescente tendenza internazionale verso il totalitarismo. Vede il controllo di tutti i mezzi di comunicazione da parte di pochi, e la nascita di nuovi mass-media con il potenziale tecnologico per un’ulteriore repressione. Egli vede le città avvelenate, gli oceani e i fiumi contaminati, lo sfruttamento sfrenato delle risorse naturali, il succedersi di crisi economiche, di inflazione, di depressione e di guerre sempre più distruttive e il nascere – come istituzioni permanenti e mostruose – di economie di guerra con tutto il loro insostenibile peso sociale. Egli assiste al fenomeno della democrazia e dell’elettorato manipolato, il cui potere di voto viene continuamente indebolito, in modo che il controllo resti altrove.

Tutto ciò spiega perché tanti tra i più validi registi internazionali si rivoltino al proprio establishment, trovando una certa affinità nel nascente cinema del Terzo Mondo e nelle nuove forze democratiche dell’Est. È qui che la rinascita cinematografica del periodo di Dubcek assume il suo profondo significato internazionale e acquista il peso storico che la Russia, malgrado l’eliminazione del movimento, non è stata capace di distruggere. Non ci sono ancora stati film d’opposizione provenienti dall’Unione Sovietica o dalla Cina, ma forse esistono, benché il controllo esercitato dai regimi sui mezzi di produzione cinematografici lo renda improbabile. Si può solo supporre che un giorno, in questi Paesi, nasceranno i vari Sinyavsky e Solzhenitsyn del cinema, per unirsi ai registi di tutto il mondo, il cui compito, per definizione, costituzione e virtù delle società repressive all’interno delle quali operano, deve rimanere sovversivo.

Per sempre? Per sempre. Perché è evidente che perfino una società post-rivoluzionaria, basata sugli ideali sovversivi, porterà in se stessa nuovi potenziali di corruzione, nuove burocrazie e nuove istituzioni, che dapprima saranno progressiste, poi degenereranno in strutture ossificate da abbattere a loro volta. Fu Marx che durante una intervista, quando gli venne chiesto di caratterizzare con una parola il significato della vita, rispose senza esitazioni: “Lotta”. Fu un intoppo della lingua che gli impedì di limitare questa definizione alla vita “sotto il capitalismo”, dandole quindi la dimensione storica che egli dava ad ogni altro fenomeno? O non fu piuttosto la sua realizzazione, così spesso espressa nei suoi scritti filosofici, che l’essenza della vita sotto tutte le sue circostanze e in tutte le società è un eterno mutamento, la costante trasformazione di tutte le forme e di tutti i sistemi?

È in questo senso che il soggetto del nostro studio rimarrà sempre d’attualità e queste pagine sono soltanto una prima stesura, perché il soggetto di questa ricerca è la libertà umana, i cui guardiani, in tutti i tempi e sotto tutte le condizioni, sono i sovversivi.

(traduzione di Cristina Trunfio, rivista e corretta da Gabriele Gimmelli e Alessandro Stellino)