Quest'anno Alexi Manis prenderà posto in cabina di proiezione come ha sempre fatto da quando ha cominciato a lavorare come proiezionista per il Toronto International Film Festival, sul finire degli anni '90. Lei ci sarà, ma mancherà qualcos'altro: la pellicola.

Come tanti altri, anche Mani è (impensierita) dalla rivoluzione digitale che ha recentemente spazzato via la celluloide da quasi tutte le sale cinematografiche. Come per tutti i formati in via di sparizione, la pellicola è al centro di una forma di nostalgia provocata dal rapido passaggio alla proiezione digitale da parte dell'industria cinematografica. "È successo tutto molto in fretta" ha detto Manis "e i proiezionisti sentono la mancanza della componente tattile del proprio lavoro".

Il passaggio al digitale si è manifestato in tutta la sua portata al TIFF 2013. Su 288 film in programma quest'anno solo 3 erano pellicole 35mm. Nessuno tra gli studios principali si serve più della pellicola, scelta che ha costretto anche le produzioni indipendenti a ripiegare sul Digital Cinema Package (DCP). Le vecchie infrastrutture adibite alla produzione di celluloide sono in disuso, e in futuro qualsiasi riferimento alla bobina cinematografica sarà una metafora anacronistica.

I 3 film in pellicola presentati a Toronto sono assai diversi tra loro. Casualmente, si tratta di film relativamente brevi, tutti inferiori ai 90 minuti – o se, si preferisce, costituiti da 5 rulli da 20 minuti circa. Uno dei tre, non sorprende, fa parte del programma della Cineteca, una retrospettiva di sette "gemme" originariamente distribuite tra il 1945 e il 1975. Persino all'interno di questa selezione soltanto uno – Gun Grazy di Joseph H. Lewis (1950) – è stato proiettato in pellicola, grazie a un recente restauro operato dall'UCLA Film and Television Archive. Il programmatore della Cineteca Brad Deane avrebbe voluto mostrare un maggior numero di pellicole ma la ricerca è stata poco fruttuosa. "Cerchiamo sempre di utilizzare i 35mm" ha detto " ma nessuno li restaura più". E quei pochi che vengono restaurati devono fare i conti con sale che non sono più attrezzate per la proiezione in pellicola. Tra i pochi luoghi ancora deputati a questa missione c'è il Bell Lightbox di Toronto, equipaggiato con una strumentazione tale da consentire ogni tipo di proiezione, vecchia e nuova. "Continueremo a mostrare 35mm fino alla fine dei giorni. Ma arriverà un momento in cui vedere un film in pellicola sarà un evento eccezionale", dice Deane.

La celluloide continua a essere un elemento importante per lunghi e corti d'autore, come quelli che sono parte della sezione sperimentale del TIFF, Wavelenghts. Uno dei lungometraggi della sezione, La última película, è stato proiettato in pellicola, e l'uso che ne fa è evidentemente autoreferenziale. In omaggio a The Last Movie di Dennis Hopper (1971), il film segue le tracce di Alex, un delirante cineasta americano in viaggio verso la penisola dello Yucatan per girare un western psichedelico all'alba dell'apocalisse Maya.

"Potremmo dire che Alex interpreta Hopper in procinto di girare l'ultimo film all'alba dell'apocalisse del 35mm", ha spiegato Andréa Picard, programmer della sezione, in cui figurano film più brevi nel medesimo formato. Altri due lungometraggi sono presentati invece in digitale, anche se con una certa "riluttanza". Manakamana, che documenta il tragitto di una funivia nepalese, doveva essere presentato in 35mm ma la realizzazione del DCP ha esaurito le risorse finanziare adibite al riversamento in pellicola; un altro film, Historia de la meva mort di Albert Serra, è stato girato in digitale e poi riversato in 35mm per trarre vantaggio della maggior ricchezza di toni che i sostenitori della pellicola ritengono possieda solo questo formato.

Il terzo film del TIFF in 35mm era in pellicola solo per motivi precauzionali. Si tratta di Miracle, un dramma sloveno incentrato su una adolescente problematica  tra abuso di droghe, prostituzione e detenzione giovanile. È il primo film di finzione del documentarista Jurai Lehotsky e i proiezionisti potevano decidere se mostrare il film in 35mm o in DCP perché la compagnia di produzione ha preferito mandare entrambi, per sicurezza. "Abbiamo spedito una versione del film in 35mm per evitare qualunque tipo di possibile problema legato alla proiezione in DCP", ha scritto via mail uno dei rappresentanti della compagnia.

Anche i DCP possono creare dei problemi, infatti: si tratta di hard-drive dotati di un codice criptato (o password) che dopo una certa data non è più utilizzabile. E se per qualunque motivo la chiave d'accesso non funziona, diventa impossibile accedere all'hard-drive che contiene il film (in origine sono stati creati per fini militari…). "Tante cose possono accadere con il DCP" ha detto Manis "e potrà sembrare strano ma la pellicola è ancora il formato più sicuro e con il margine d'errore più ridotto". Non che la celluloide non comporti dei rischi a sua volta: "la pellicola può incepparsi, o persino prendere fuoco" ha spiegato la proiezionista "ma in ogni caso si tratta di problemi legati all'attività umana, non malfunzionamenti di un processo computerizzato. È l'interfaccia umana che sta scomparendo".

(traduzione di Alessandro Stellino)