Brian Aldiss

1) Fino a oggi non esistono rapporti fra il Cinema, con la C maiuscola, e la science-fiction. Quando il cinema si occupa di science-fiction, di solito si limita a mettere insieme film di basso costo e di rapida realizzazione, girati senza la minima arte ma con una quantità di logori trucchi. Ma l’incapacità del cinema di produrre un film che possa stare alla pari con la migliore narrativa di fantascienza deriva da una ragione più profonda. Quando il cinema si occupa di science-fiction, cerca fattori che sono ben visibili nella science-fiction (i suoi “effetti” terrificanti, i suoi esseri extraterrestri, i suoi viaggi interstellari) ma, deliberatamente, rinuncia a interessarsi alle altre componenti che sono invece necessarie alla buona fantascienza: il senso del mistero, la sua rappresentazione dell’uomo come ribelle alla sua stessa biosfera, il suo amore appassionato e insieme la sua sfiducia verso il progresso, la sua curiosità intellettuale. A queste cose il cinema non bada: tutto ciò che il cinema richiede alla fantascienza è la sensazione. Vi sono rare eccezioni: Nel 2000 guerra o pace?, di Korda, e forse Metropolis, di Lang. Se deve esistere un rapporto fra cinema e science-fiction diverso da quello attuale (che è di livello molto basso) potrà concretarsi soltanto attraverso la consapevolezza poetica di tutto ciò che la fantascienza può offrire. Io sono convinto che film come Orfeo e La bella e la bestia, di Cocteau, e persino Marienbad, di Resnais, siano giunti vicino allo spirito della miglior science-fiction, molto più di quanto vi si avvicini tutto ciò che viene presentato sugli schermi sotto l’etichetta di fantascienza.

2) Ho citato gli unici due film che mi sembrano validi: Metropolis e Nel 2000 pace o guerra?. Ma in qualche caso si sono avuti buoni film che tuttavia non significavano molto dal punto di vista della science-fiction. Tra i film di questo tipo, io assegnerei un posto di primo piano a Il villaggio dei dannati (da I figli dell’invasione, di Wyndham). Era un ottimo esempio di racconto cinematografico. Poi vi sono stati film ammirevoli dal punto di vista della realizzazione tecnica. La guerra dei mondi, che è costato due milioni di dollari, per esempio. Viaggio al centro della Terra, Il pianeta proibito, … e la Terra prese fuoco meritano pure un cenno.

3) Tenendo presente le gravi riserve che ho espresso più sopra, preferirei non parlarne. Tenendo presente i vantaggi finanziari, risponderei: “Tutti i miei romanzi”. Una risposta più equilibrata è questa: come romanzo, Non-Stop; come racconti, Old Hundredth (che sarebbe, però, impossibile da realizzare) e The Greatest Show. Ma la maggior parte della mia opera sarebbe difficile da trasporre sullo schermo, poiché io ho un forte senso pittorico (nel senso letterario del termine) e mi rendo conto che sarebbe difficile renderlo per immagini. A esempio, quando parlo di una fila di alberi non terrestri, lungo una strada polverosa, e li descrivo “simmetrici cime ombrelli”, la mente assorbe la frase per costruirsene una immagine, a dà agli ombrelli quelle minuscole irregolarità che io intendevo suggerire, mentre conferisce loro, nello stesso tempo, una particolare uniformità. Ma se io immagino questa frase tradotta sullo schermo, posso vederla realizzata solo come una fila di ombrelli che nessuno accetterebbe come alberi extraterrestri. Il cinema ordinario sostituisce troppo spesso il letteralismo all’immaginazione.

4) Alan Resnais o, soprattutto, Jack Clayton.

5) Progenitori letterari? Come scittore di science-fiction, chiunque deve molto, naturalmente, a H.G. Wells e a Olav Stapledon Ma, personalmente, ritengo di dovere molto, in quanto a stile e impostazione, a Thomas Hardy, un grande romanziere inglese che continua ad avere una certa influenza su di me. Risento anche dell’influenza di Proust, negativamente, temo, perché, mentre l’influenza di Hardy è una mano tesa in aiuto, l’influenza di Proust è più simile a un pugno nello stomaco.

6) La science-fiction non può essere definita adeguatamente, come non si può definire la letteratura. La science-fiction è il prodotto di parecchi scrittori di età diverse, di nazionalità diverse, di idee diverse. È sufficiente che uno abbia le idee chiare su ciò che vuole scrivere.

Isaac Asimov

1) Non vi sono rapporti indispensabili fra cinema e science-fiction. Il cinema si accosta alla science-fiction di tanto in tanto; ma siccome il cinema – almeno in America – è un’industria che deve essere redditizia, e di conseguenza deve attirare un pubblico molto vasto, ricorre ad argomenti di richiamo: belle donne, mostri colossali, scene di distruzione. Ma tutto ciò non è affatto l’essenza della science-fiction. La vera fantascienza è una matura riflessione sulla società futura: e questo non attira certamente milioni di spettatori. Di conseguenza un “buon” film di science-fiction è una cosa irrealizzabile o quasi, da punto di vista finanziario.

2) No.

3) Non mi piacerebbe affatto vedere un mio racconto o un mio romanzo trasformato in un film. Dovrebbe venir modificato o distorto per adattarsi al diverso mezzo espressivo, e il denaro che ne ricaverei non sarebbe un compenso sufficiente. Non ne ricaverei neppure gloria, perché, per essere trasformato in film, il mio racconto dovrebbe essere “adattato” da qualche scribacchino, e così il merito del film dovrebbe essere accreditato a lui e non a me.

4) In considerazione di quanto ho detto qui sopra, non ho una risposta per questa domanda.

5) Purtroppo, io sono un analfabeta, da un punto di vista letterario. Nella mia vita non mi sono mai dedicato allo studio intensivo della letteratura. La mia istruzione è stata di tipo scientifico e io sono soprattutto uno scienziato. In qualche modo, però, ho scoperto di essere anche un romanziere. Come sia successo, non lo so: non so come scrivo. Guardo un foglio di carta e poco dopo lo vedo coperto di parole, e questo è tutto quello che so. Potrei dire di avere antenati letterari, ma non so proprio chi siano. Io non sono uno scrittore: io mi limito a scrivere.

6) La mia definizione della science-fiction è questa: “la science-fiction è quella forma di letteratura che tratta della risposta degli esseri umani alle proposte e ai progressi della scienza e della tecnologia”.

J.G. Ballard

1) Da un punto di vista generale, il rapporto tra cinema e science-fiction è costituito dall’esplorazione della coscienza individuale in termini di tempo e spazio. Le ampie prospettive e la gelida bellezza dello spazio interstellare sono ben rese persino in certi pessimi film di fantascienza, ma generalmente il cinema commerciale non è mai riuscito a varcare i limiti della space-opera e a esplorare le “dimensioni nascoste” della psiche umana. La science-fiction è molto ricca di situazioni e di poderosi simboli visivi ed è particolarmente adatta alla trasposizione cinematografica. I mondi sognati, i paesaggi sintetici e la plasticità delle forme visive che gli scrittori di science-fiction inventano, come equivalenti esteriori di una realtà psichica interiore, potrebbero essere esaltati dall’ineguagliabile capacità del cinema di manipolare il tempo e lo spazio e di ricollegarli direttamente alle emozioni. Quando questi rapporti reciproci sono determinanti, come in Marienbad e Hiroshima mon amour, il contributo della science-fiction al cinema può fornire più forte unità tematica e più vive invenzioni. A differenza della narrativa letteraria (con le sue allusioni che si accumulano e la sua realtà che si espande lentamente), la narrativa cinematografica può creare istantaneamente una situazione poderosa; per giunta, non ha inerzia, il che è l’ideale per il rapido flusso delle idee e dei simboli della science-fiction. Ma soprattutto, il cinema può creare una immagine diretta e visivamente convincente dello Spazio Interiore, il paesaggio psicologico che è il vero tema della science-fiction.

2) No. Non certo nel moderno cinema commerciale. Ma alcuni film classici vagamente imparentati con la science-fiction (La coquille et le Clergyman, Un Chien andalou, Il testamento di Orfeo) dimostrano che sarebbe possibile.

3) The Drowned World, un romanzo che descrive un “paesaggio interiore” dell’inconscio collettivo e la discesa nel pozzo oceanico di un tempo archeopsichico.

4) Buñuel e Dalí. O, più praticamente, Jean Cocteau. Le difficoltà della science-fiction potrebbero trasformare le sue “confezioni”, talvolta sdolcinate, in sculture temporali di terrificante potenza.

5) Forse Kafka e i pittori Dalí, De Chirico, Max Ernst, gli iconografi dello spazio interiore, che aprirono i primi sentieri nel mondo del sogno.

6) La science-fiction è la letteratura apocalittica del ventesimo secolo, l’autentica rivelazione di Hiroshima e di Auschwitz, di Eniwetok e di Cape Canaveral, l’iconografia dello Spazio Interiore e il paesaggio interiore del Domani.