Sembrerebbe che negli ultimi anni ci sia una diffidenza verso il termine «cinefilo» e il mondo che lo circonda: qualcosa di obsoleto, di superato. Alcun bisogno di rimuginare ancora. Non appena si pronunciata la fatidica parola, torna in mente tutt’una idea trita e ritrita della cinefilia. L’insegnamento del cinema nell’università costituisce senza dubbio il motore di questa diffidenza, e ciò spiega ulteriormente il nostro rapporto conflittuale nei confronti dell’università (espresso nel numero di marzo dei Cahiers), di noi che ci rivendichiamo cinefili.

Cosa significa essere cinefili?

Louis Skorecki, in "Contro la nuova cinefilia" (Cahiers n°293, ottobre 1978), ha ampiamente descritto questo modo di essere, questo mondo oscuro nel quale ci immergiamo quando entriamo in una sala di cinema. Il cinefilo cerca probabilmente più il dissenso che il consenso, anche a costo di cadere nei difetti propri di questo genere di ragionamento, vale a dire quello di erigere su un piedistallo tale o tal'altro cineasta maledetto. Ma quale convinzione spinge oggi il cinefilo di 20 anni ad addentrarsi sempre di più in questa penombra, ad attraversarla e abitarla?

Probabilmente quella di costruire una casa di film, di armarsi di fronte al mondo e simultaneamente offrirsi ad esso. Dal punto di vista di coloro che non diffidano del termine cinefilia, le pratiche di questa generazione – la nostra – che non ha conosciuto il cinema prima di Internet, suscitano un certo panico riguardo al «tutto è disponibile». Nel dossier su Henri Langlois pubblicato in Aprile sui Cahiers, Serge Toubiana, direttore della Cinémathèque française, si chiede «si diventa cinefili con internet? Non ne sono sicuro». Noi giovani cinofili vorremmo, spiegando il nostro modo di utilizzare internet, rispondere a Serge Toubiana e battere in breccia certe idee acquisite.

Quale cinefilia su internet?

Innanzitutto non militiamo per un cambiamento del modo di fruizione dei film.

Non guardiamo i film sul tablet o sullo smartphone. Non li guardiamo tantomeno a pezzi, alla ricerca di una sequenza unica che costituirebbe «il film cult» o considerandoli scomponibili a piacere. Se anche i film dialogano tra loro, restano tuttavia, nella maggior parte dei casi, dei monoliti intoccabili. Il modo di fruizione dopotutto non è cambiato dai tempi dell'apparizione del DVD, persino del VHS. Il film scaricato viene visto al computer, o quando possibile, alla Tv, il più grande schermo possibile. Sebbene non sia nient’altro che un semplice file, il film non chiede nient’altro che di scappare dal computer. Detto in altri termini, si ritorna sempre allo schema "film in sala + film visti a casa", esattamente la stessa pratica prima dell’esplosione del downloading.

In questo caso, quale sarebbe l’apporto di internet? Secondo Serge Toubiana «oggi più che prima dell’arrivo di Internet, l’opera viene verso di voi più di quanto voi non andiate verso quest’ultima». Un’opera viene verso di noi perché è disponibile, reperibile su internet? Ci sembra che, al contrario, oggi siamo di fronte a una tale moltitudine di film che è difficile compiere una scelta. Internet, per quanto abbia enormemente facilitato l’accesso a tutti questi film, ha fatto ben di più che metterli tutti sullo stesso piano: ha mescolato le carte.

Come dice giustamente Serge Toubiana, non ci sono programmatori su internet. Allora qual è il compito del cinefilo? Dover scegliere in mezzo a questa immensa quantità il film da guardare. Frequentiamo assiduamente la Cinémathèque e seguiamo la sua programmazione. Ciò che ci ha dato Internet è proprio la possibilità di poter scappare dalla logica delle programmazioni, liberarcene ed estendere noi stessi il nostro sapere: fare opera di completamento e di ricercare di nuove emozioni. Per compiere questa ricerca, bisogna esplorare il cinema nelle sue grandi linee ma anche nelle sue parti d’ombra. Misurare a grandi passi il suo sottosuolo.

Qualunque cinefilo avrà sentito questo dilemma: desiderare di vedere tutto quando in realtà, semplicemente, ci sono troppi film. Una scelta è necessaria, e questa scelta, nel momento in cui scarichiamo un film da Internet, non è in fin dei conti diversa da quella che facciamo quando scegliamo quale film andare a vedere il mercoledì tra quelli usciti in settimana.

Commmunità KG

Per uscire dall’immagine stereotipata di Internet, bisognerebbe conoscere certi siti di downloading di film rari o inediti in DVD, spesso privati ma particolarmente interessanti; è il caso di Karagarga, Cinemageddon o AsianDVDClub. Questi siti coltivano il segreto attraverso un sistema di cooptazione, dalle regole assai rigide e, nel caso di Karagarga, escludendo qualunque film mainstream posteriore agli anni '80 (potrebbe sembrare strano ma Il cattivo tenente di Herzog non è autorizzato, dovrete cercarlo altrove!) Ogni cosa è regolata affinché ci sia condivisione tra i membri, fino al sistema di downloading (torrent) basato su una ratio che impone di lasciare un file in condivisione per un determinato tempo prima di potersi procurare un altro film.

Per mantenere una ratio stabile, bisognerebbe dunque limitarsi a circa due film alla settimana, sebbene gran parte dei nuovi membri, non avendo letto o capito il regolamento ed essendosi immediatamente avventati su decine di rarità, subiranno probabilmente delle "limitazioni". In questo modo il sito è diventato la più bella e la più segreta miniera d’oro di internet. Per incoraggiare alla scoperta, un nuovo tema viene regolarmente proposto. Il "Master of the month" è sottoposto a regole più flessibili e invita ognuno a scoprire i rapporti tra cinema e psicanalisi, la nouvelle vague taiwanese o la science-fiction dei paesi dell’Unione Sovietica. Una forma di programmazione decisamente rara su internet.

Ogni film ha diritto alla sua pagina dettagliata in cui sono presenti alcuni screen-shot; spesso sono proprio questi ad attirare il nostro sguardo, facendoci fermare nella nostra ricerca: trovato! E scopriamo allora che niente ci preparava al cinema di Mani Kaul, Gerard Holthuis, Zhang Ming, Bahman Farmanara, Kinuyo Tanaka o Alain Cuny, regista ottuagenario con un solo film alle spalle (il meraviglioso Lannuncio fatto a Maria uscito nel 1991.) Ma si tratta anche di un’eccellente porta d’ingresso verso migliaia di film, tra cui Red Line 7000 di Hawks. I membri sono invitati peraltro a creare sottotitoli e collaborano tra loro a vari progetti. Chi sa che mancano i sottotioli in inglese per La Maison des bois (Pialat) o Six fois deux/Sur et sous la communication (Godard)? In questo momento, ad esempio, è in corso la creazione dei sottotitoli dell’incredibile serie di Manoel de Oliveira Amour de PerditionSenza dubbio – ed è particolarmente vero nel caso di questo film perché l'abbiamo scoperto alla Cinémathèque – esistono delle copie sottotitolate, ma restano unicamente a disposizione delle sale e si torna dunque al problema: quante persone possono permettersi di assistere alle proiezioni di film che raramente hanno la possibilità di essere visti? Quanti sono quelli che non dispongono di un cinema d’arte o d’essai nelle vicinanze?

Siamo tutti coscienti della perdita di qualità di un film quando è proiettato sul piccolo piuttosto che sul grande schermo. Il dibattito è chiuso, spostiamolo altrove. Ritrovando dei film, parlandone, condividendoli umilmente, diventiamo i protezionisti del nostro cinema. Su Karagarga, vi basta cliccare sui nostri nickname («Chambre verte» e «Bison pourri») per vedere ciò che abbiamo scaricato e scoprire le grandi linee che forgiano la nostra cinefilia.

Alla ricerca del film introvabile

Altro punto su cui vorremmo soffermarci: «le copie rigate». Secondo Serge Toubiana, il pubblico giovane sarebbe «maldisposto a guardare una copia rigata…[…], l’immagine deve essere perfetta». No, le copie rigate non ci infastidiscono, al contrario, abbiamo la tendenza a trovarci qualcosa di sacerdotale. Su internet, d’altronde, un gran numero di rarità presentano un’immagine di cattiva qualità. Ma ogni copia, ogni file ha la sua storia.

La copia in VHS di un film di Biette ritrovata in una cantina, un laserdisc di Patrick Tam ritenuto introvabile eppure scovato a Taiwan, o un DVD istituzionale unicamente reperibile in biblioteca. Questa ricerca supera largamente internet: il mondo virtuale non ci ha tagliati fuori dal reale. Siamo andati all’università di Heidelsheim, nel nord della Germania, solo perché disponeva di una copia in VHS di Pierre ou les Ambiguités, o la versione lunga di uno dei più grandi film degli anni 90, Pola X (1999). Arrivati sul posto, abbiamo scoperto che il film era doppiato in tedesco. Fatto sta che ci siamo fisicamente spostati per vedere un film fuori portata. Vedere e muoversi sono estremamente legati, ci spostiamo verso il film e non il film verso di noi, con o senza Internet.

La demistificazione dell’oggetto film non esiste, altrimenti non ci precipiteremmo in sala a ogni proiezione di un film di Eustache. Solamente, l’evento si è spostato. Se aspettiamo sempre una proiezione con una certa eccitazione, è vero che la proiezione di un film raro – ben inteso di un regista del quale ammiriamo l’opera – può stimolare di più la nostra attenzione che la proiezione di un "gran film" canonizzato, un Ford o un Rossellini.

È evidente che, per noi, il film sconosciuto si inscrive nel progetto di esplorare in profondità tutto lo spettro del cinema. Tanto peggio se non abbiamo visto tutti i grandi film di tutti i grandi cineasti, ma se ci sforziamo di vedere tutti i film di un solo cineasta fino al più raro, o mille rarità passate sotto il silenzio, è perché ci sembra importante percorrere l’opera di un cineasta fino ai suoi più inconfessati recessi, per esempio il decennio '90 di Paul Vecchiali, con opere quali Du sueur et du sang (1994), Zone Franche (1996), o i suoi telefilm Vous êtes folle Imogène (1991) e Imogène contre-espionne (1996). È una questione di amicizia e d’intimità: essere accanto a un cineasta che ci ha toccato dritti nel cuore dopo un film, nel momento in cui attraversa le zone bianche della creazione.

Non si tratta tanto meno di velare il nostro sguardo critico (i film citati di Vecchiali oscillano tra il saggio mancato e il brutto) ma di essere là, presenti, di fronte a un film nato nascosto dallo sguardo degli altri. È qui l’orgoglio proprio di ogni passione: esplorare tutto cercando di conoscere tutto per trovare nuovi terreni da decifrare e da condividere. E allora che ci si lasci cercare l’opera rara. L’evento non è più nell’attesa ma nella ricerca. Una ricerca che ci rimette in moto e ci stimola. Bisogna scovare.

Senza dubbio l’opera più rara non è la migliore. Ma il cammino che vi ci conduce è illuminato e ci serve a prendere contatto con altri film. Nonostante Silent Night, Deadly Night 3 di Monte Hellman (1989) sia brutto, può tuttavia indurre a guardare l’eccellente Iguana, girato un anno prima. È una ricerca che mantiene all’erta. A quelli che vorrebbero denunciare un eccesso di dandismo, basterà opporre Les Jeux de la Comtesse Dolingen de Gratz, solo e unico film di finzione girato da Catherine Binet (nel 1981); film geniale, presentato all’epoca a Venezia, eppure attualmente sconosciuto. Scoprire il film di Binet, un martedì 21 gennaio al Forum des Images, è contemporaneamente condividere un dolce segreto d’iniziato ma anche sentire tutta l’evidenza dei bordi della Senna filmati in estate.

Rifare la storia

La cinefilia su Internet diventa più interessante quando compie le sue scelte contro la storiografia ufficiale. Se quest’ultima si scrive giorno dopo giorno, (sappiamo come i "giovani turchi" abbiano eclissato un certo cinema francese) è per meglio essere attaccata in seguito. Criticheremmo un cinefilo perché si dedica all'esplorazione di film un tempo riconosciuti ma oggi dimenticati o "messi da parte" (come ad esempio l’opera di Grémillon, che profitta attualmente di un ritorno di fiamma)?

Oggi militiamo per la riscoperta dei film rari. È evidente che certi autori non hanno avuto il riconoscimento che ci si aspettava (Jean-Claude Binette), limitato a un pubblico ridotto d’iniziati, o forse è proprio quest’ultimo ad essersi lentamente dissolto? (è il caso di un Charles Burnett, ad esempio). Altri ancora hanno perso la loro battaglia contro l’industria, lasciandosi inghiottire dalla bestia (Kirk Wong). Le situazioni sono diverse, fuori da ogni possibile paragone, ma tutte nascondono la stessa problematica: la messa in disparte di un’opera. Perché troppo frammentata, troppo ardita, troppo disparata…

Affinché il cinema tremi e viva, bisogna necessariamente che sia sostenuto da una rete di gallerie e di sotterranei scavati da migliaia di cinefili-sentinelle.

Il cinefilo sembra essere oggi alla ricerca del film che restituirà il polso del cinema e che, con arguzia abbagliante, continuerà a fare in modo che il cinema non sia solamente la rappresentazione della vita ma la vita stessa, per citare Bazin. Questo desidero di andare a trovare il cuore segreto del cinema si raccorda con un’altra emozione forte: la paura di veder sparire quello che abbiamo scoperto. Cosicché amore e paura, mescolati l’uno all’altro come nel timido corteggiatore di Tropical Malady, regolano l’uso di internet per mezzo del cinefilo. Qual è la tigre che guardiamo in faccia e che ci fa vivere? Il film che non abbiamo ancora scoperto, instancabilmente ricercato.

Esporre alla luce ciò che si è formato e ha vissuto nell’oscurità è spesso sinonimo di estinzione. Strano paradosso, perché affinché un’opera sia vista, bisogna necessariamente esporla. Ma il lavoro proprio del cinefilo sarebbe allora di trovare una giusta esposizione, nella quale ciascuno potrebbe a sua volta ritrovarsi. Detto in altre parole, saper saggiamente mettere a posto un dispositivo che possa rivelare l’opera senza che questa sparisca.

Di qui questa curiosa miscela di orgoglio e di bontà propria del cinefilo o in maniera più generale di ogni "curioso": prima di tutto l’entusiasmo, l’eccitazione della scoperta, poi il desiderio di condivisione. Un desiderio che si trova spesso velato di diffidenza nei confronti di chiunque potrà avere tra le mani questo tesoro. La cinefilia e le sue gerarchie fanno del cinema un arte in costante movimento perché continuamente rimesso in causa. Nonostante debba affrontare impreviste resistenze, questo lavoro di riedificazione della storia del cinema è alla base stessa dell’atto cinefilo. Ed è per questo che questa parola, «cinefilo», perdura malgrado tutto, ed è per questo che la rivendichiamo.

(testo pubblicato sul n° 703 dei Cahiers du Cinéma; traduzione di Giulia Longo)