Ci sono alcuni precisi istanti che una persona ricorderà per tutta la vita: quella risatina di sfottò alle spalle, quello sguardo tra il divertito e il compassionevole, quell’espressione disgustata, quasi a rimproverare la sfrontatezza di una richiesta intempestiva. Da adolescenti il coraggio di fare un passo avanti rischia sempre di produrre un piccolo, indelebile trauma sulla strada della propria crescita sentimentale. Ogni presunto difetto fisico è la misura del coraggio necessario a farsi avanti, ad abbozzare un saluto, a chiedere un’inutile informazione, a proporre un cinema pomeridiano. E, tutte le volte, con quel dente storto, quelle orecchie a sventola, quelle ginocchia secche si devono fare i conti: nasconderli, camuffarli, minimizzarli. Pena: un fatale insuccesso.

Lo sa bene Edoardo, diciassettenne pisano, in vacanza con la sua turbolenta famiglia sul litorale toscano: è un ragazzo come tanti altri, magrissimo, alto, riccioluto. Con una mamma un po’ ansiosa, tendente allo psicodramma; un padre distratto, anche nel lasciarsi lusingare dal miraggio di una stucchevole amante; una sorellina testarda e riottosa. E con un segreto: una fimosi mai curata. In qualche modo, sebbene non sia il tipo di difetto che balza agli occhi, da quell'intimo tormento dipende anche il suo cruccio d’esser ancora vergine: argomento di articolati scambi camerateschi con l'amico Arturo, tra un bagno al mare e qualche maldestro tentativo di abbordaggio. Ma Edoardo, innamorato della sua storica amica Bianca, in quella strana estate scoprirà che forse il suo cruccio non dipende poi tanto dall'indicibile segreto…

Duccio Chiarini arriva al primo lungometraggio di finzione con la schiena dritta: già autore di cortometraggi e un documentario, con Short Skin racconta una storia d'intimità, ironica e sensibile: s’affacciano alla mente brevi flash della propria giovinezza, di un campeggio sotto i pini, dell’attesa che un pesce abbocchi e la lenza si tenda, di una noiosa cena di famiglia fra litigi e argomenti imbarazzanti, dell’impazienza di rivedere un viso e incrociarne lo sguardo. Quel sospeso tepore estivo, topos classico di tanto cinema italiano, non può non produrre un seppur leggero transfert. “I tormenti del giovane Edo” sono infatti credibili, recitati con sensibile naturalezza dal giovane Matteo Creatini: il suo personaggio porta nei tratti quelli di coetanei intravisti altrove (Virzì il primo nome che viene mente), ma Short Skin ha un carattere autonomo e i protagonisti ne fanno buon manifesto. E infatti Chiarini non si limita al semplice racconto di formazione ma realizza un’opera sorprendentemente matura, in particolare nel tono audace, atipico nel contesto delle produzioni nostrane, con il quale affronta la libera e innocente esposizione delle nudità del protagonista e per il garbo con cui quella pelle troppo stretta – a cui il titolo si riferisce – si fa tenero espediente narrativo utile a intessere la trama delle varie vicende.

In fondo, il pregio di questo film sta nella sua capacità di ri-iniettare quell’ansia di vivere che le piccole inezie dell’adolescenza sono in grado di smuovere fin nelle viscere: fitte di adrenalina da cui sembra dipendere in toto il futuro e che poi, nella disillusione dell’età adulta, a mala pena si ricordano con un sorriso rassegnato. Poco importano le minime imperfezioni di Short Skin: anche Edo si vede imperfetto ma, a ben guardare, è soprattutto grazie ai difetti che si scorge, controluce, una bellezza più segreta.