Non è mai facile adattare un intero manga al grande schermo. A maggior ragione quando il fumetto racconta dettagliatamente vicende che si svolgono in un periodo di tempo di una certa estensione. Il lungometraggio animato di Sunao Katabuchi In this corner of the world, distribuito anche in Italia con il titolo tradotto letteralmente, vi riesce condensando in poco più di due ore gli eventi fondamentali dell’esistenza della sua protagonista, Suzu. Personaggio con cui è impossibile non empatizzare, Suzu affronta, con ammirevole forza di carattere, le enormi difficoltà che la vita in Giappone durante la Seconda Guerra Mondiale comporta.

Non siamo di fronte a un eroina isolata: vediamo spesso Suzu fare la spola tra due famiglie, quella d’origine e quella acquisita, in seguito al matrimonio con Shusaku, che lavora presso la Marina militare. La rete di relazioni parentali in cui Suzu è inserita, anche quando si tratta di rapporti complicati, ad esempio con la scontrosa cognata e vedova Keiko, una donna moderna con un passato duro alle spalle, definisce e arricchisce la personalità della protagonista, offrendo pretesti narrativi per mostrarla in azione. Per quanto il punto di vista e la delicatezza dei toni siano contraddistinti da una raffinata femminilità, il film si allontana dunque da quelle produzioni di animazione il cui target rispetta l’età dei personaggi. Si tratta piuttosto di un’opera adulta, nei temi e nella sobrietà con cui vengono elaborati e sviscerati in chiave artistica.

Capace di un realismo davvero maturo, specialmente nella dimensione labirintica e centrifuga del contesto bellico che caratterizza gli spazi del racconto, il film vede la giovane donna impegnata in un continuo andirivieni tra la compianta terra natia, Hiroshima, e la località di Kure, dove raggiunge il marito e si impegna per dimostrare il meglio di sé. L’identità di Suzu lotta per affermarsi e conservare saldi punti di riferimento, in una circostanza in cui l’individuo si perde nello spazio della famiglia, della nazione e della Storia, rischiando l’insignificanza, guadagnando solo con gli anni una sua autonomia.

La dimensione temporale, compresi i brevi flashback che ricostruiscono il passato dei personaggi, è più esplicitamente determinante, non soltanto per la maniera in cui scandisce il destino dei protagonisti, ma anche per la struttura stessa del racconto. La lenta quotidianità di Suzu e dei suoi parenti, fatta di piccoli gesti e dialoghi ordinari, buffonerie ingenue, pranzi o ricette di cucina (Suzu è anche una cuoca ingegnosa e creativa), viene infatti descritta minuziosamente quasi mese per mese, con tanto di date nelle didascalie, sullo sfondo di un conflitto mondiale che ne sconvolge inevitabilmente la serenità, tra gravi lutti e problemi economici.

È proprio quando gli avvenimenti si fanno più tragici che la sobrietà di regia a cui si accennava appare più preziosa. Il valore universalmente riconosciuto dell’animazione giapponese risiede nell’eterogeneità delle forme, che come noto può esprimersi, a seconda dei casi, in stili quasi agli antipodi, immagini hard di eccezionale violenza e frontalità, oppure, come in questo caso, un armonioso naturalismo, appena impreziosito da digressioni liriche. Si pensi alla scena dell’incidente in cui rimangono coinvolte Suzu e la nipotina Harumi: scoppia un ordigno ancora inesploso, ma attraverso un’estrema stilizzazione del tratto l’accaduto viene come sublimato, virato in astrazione, in stretta continuità con la filosofia di serena accettazione delle fatalità che riconduce il film alla matrice culturale nipponica cui appartiene. In momenti come questo, sembra quasi di poter accedere alla mente di Suzu (che è anche un’ottima disegnatrice, particolare da non sottovalutare, e non abbandona mai questa sua passione), di poter vedere la realtà con i suoi occhi, per i quali persino le bombe possono diventare semplici macchie di colore su una tela.

Sono queste le rare sequenze in cui il realismo del film lascia spazio a squarci più visionari che ne rompono il ritmo per lo più pacato e costante. In questo angolo di mondo, anche nei suoi passaggi meno agevoli, resta una gioia per le orecchie, tra le musiche dolci ed efficaci di Kotringo e i suoni della natura, ma soprattutto per gli occhi: poggia e neve, paesaggi dai colori tenui, con prevalenza dei verdi della natura, ci affascinano come nei dipinti impressionisti, in cui le tinte si fondono senza essere ingabbiate dai contorni, sorte che invece qui tocca alle tradizionali figure umane. Nell’alternanza di luce e ombra, i giorni e le notti si susseguono con naturalezza, con effetti di grande potenza visiva. La guerra, la vita e la morte fanno tutte parte dello stesso disegno.