“Forse sono mancato troppo tempo, perché i miei sentimenti sono morti. Io…Non provo alcun rimorso. È terribile, vero?”

King of New York

 

Prosegue la disamina sul post cinema di Abel Ferrara, che con Zeros and Ones, vincitore del Pardo per la miglior regia al 74° Locarno Film Festival, decostruisce un’altra storia, ambientata in questo caso in un contesto da film di spionaggio. Modellando una non drammaturgia sulla figura attoriale di Ethan Hawke, interprete di due ruoli opposti per ideologia ma che in seguito confluiranno in un unico nucleo di ambiguità e inadeguatezza, Ferrara crea un contrasto volutamente posticcio tra l’interpretazione virtuosa di Hawke e una messa in scena minimale, divincolata dal cinema per poter paradossalmente crearne di nuovo.

Come del resto succede dall’ormai lontano 2011 con 4:44 – Ultimo giorno sulla terra (opera caposaldo che porta Ferrara definitivamente al di là di ogni canone), i lavori di questo regista incredibilmente non inquadrabile hanno come unico punto in comune la presa d’atto dell’incapacità dell’essere umano contemporaneo di poter leggere il presente. A maggior ragione la devastante crisi di senso che la pandemia ha portato con sé dilata questa poetica fino allo sfinimento, trasformando gesti plateali come l’igienizzazione delle mani con una confezione tascabile di amuchina e un bacio dato da dietro due mascherine chirurgiche quasi in atti di resa della messa in scena davanti all’instancabile avanzata del cattivo gusto.

Il film si dichiara da subito contrario a creare gradi di separazione tra sottotesto e narrazione, tra regia ed estetica: il rumore video che accompagna costantemente gli interni e gli esterni e gli effetti visivi quasi caricaturali negano di fatto la possibilità che la finzione può avere oggi di costituirsi come estensione del reale, lasciando scoprire quindi il fallimento del cinema come arte popolare, ma costituendo paradossalmente nuove forme di interesse crepuscolare, proprio perché schiantare la propria arte annichilendola è forse l’unico modo per leggere (o non leggere) una contemporaneità smarrita, che colpisce sistematicamente e con rabbia un nemico che non riuscirà mai a vedere, e che forse non esiste.

Da qui l’uso della doppia interpretazione del protagonista soldato e del fratello rivoluzionario (non terrorista, non anarchico, non comunista, o forse tutti questi insieme), come fusione deformante delle due barricate ideologiche della Storia, l’ordine e il caos fusi insieme da una serie di esplosioni digitali, un’operazione, che ve lo dico a fare, profondamente pasoliniana (ah, quel Pasolini del 2014 così sottovalutato e non compreso) ambientata tra gli scheletri di una Roma decadente e buia, simulacro di ogni status symbol occidentale.

É una costante apocalisse del resto quella che Ferrara mette in scena da ormai un decennio a questa parte, lasciando smarrito, respinto e fin anche rancoroso, chi ancora si aggrappa a una nuova idea di mondo (che non c’è). All’uscita dalla sala gruppi di giovani cinefili si fissano perplessi e ammutoliti, in cerca di un significato che probabilmente non vogliono trovare; però, forse, il germe di questa bellissima debacle poteva già essere individuato trent’anni fa, nelle sparatorie indiscriminate di King of New York, in cui polizia e crimine vengono posti su un unico marcio piedistallo, prima che la forma si arrendesse, prima che la morale scoprisse i suoi vicoli ciechi, perché in fondo stiamo girando attorno alla nostra fine da molto più tempo di quello che non si creda, anche se Abel Ferrara sfida ogni didascalia (fin anche quella che nega se stessa), mostrando come ultimo frame, come fu in Tommaso, la figlia di quattro anni Anna, enigma di un futuro a cui continua a non esserci alternativa.


Zeros and Ones fa parte della rassegna Locarno a Milano, in cui i migliori film del 74° Locarno Film Festival verranno presentati al Cinema Arlecchino di Milano.

Per info e biglietti: lombardiaspettacolo.com

Per la scheda del film: https://leviedelcinema.lombardiaspettacolo.com/18m/zeros-and-ones-di-abel-ferrara

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