Il film è la fedele trasposizione del romanzo Foxfire: Confessions of a Girl Gang, uscito nel 1993, scritto dall’autrice statunitense Joyce Carrol Oates. Tanto prolifica quanto poco considerata dal mondo del cinema, solo un paio degli innumerevoli lavori della scrittrice sono stati spunto per opere cinematografiche. Con questo romanzo piuttosto recente, invece, la Oates vanta ben già due adattamenti sul grande schermo. Il primo del 1996, con la trasposizione anche temporale del racconto ai giorni nostri, col (ridicolo) film diretto da Annette Haywood-Carter intitolato appunto Foxfire. Film degno di nota unicamente per l’interpretazione di una giovanissima Angelina Jolie, nel ruolo della leader del gruppo Legs Sadovsky. Il secondo è l’opera in questione di Cantet, decisamente più interessante.

L’azione si svolge intorno alla metà degli Anni Cinquanta, nella cittadina, all’epoca in rapidissima espansione, di Hammond, nello stato dell’Indiana. Un gruppo di giovanissime studentesse, proveniente da famiglie disagiate, sotto la guida di Legs Sadovski (Raven Adamson), la più carismatica, e di Maddy (Katie Coseni) la più pragmatica, formano un gruppo segreto proto femminista: le Foxfire. Il gruppo lotta contro i soprusi del potere, incarnato sostanzialmente dal genere maschile, allargando sempre più il proprio raggio d’azione: dall’ambiente famigliare e scolastico che frequentano, fino a costituire una vera e propria comune, completamente femminile, che lotta contro le ingiustizie perpetrate dai maschi e dal sistema capitalista.

Cantet dimostra di sapersi muovere con destrezza e disincanto in un ambiente (non solo cinematografico e letterario) a lui non congeniale, lontano sia nel tempo che nello spazio dall’hinterland parigino o dalle province francesi: la periferia americana degli Anni Cinquanta. La pregevole ricostruzione formale dell’ambiente storico, la sua precisa connotazione e lo sviluppo delle tematiche evocate (quelle care al regista, quelle riguardanti i conflitti degli ultimi e dei disagiati alle prese con la diseducazione sociale e la diseguaglianza economica, ecc), però non bastano a nobilitare un film riuscito solo in parte, che non riesce a restituire quell’afflato di coinvolgimento e spirito di ribellione che una storia tale pretende di realizzare.

Cantet costruisce inquadratura dopo inquadratura un universo femminile ben preciso. Tutte le figure che ruotano attorno alle protagoniste sono sostanzialmente fallimentari, sia per quanto riguarda le istituzioni (il professore frustrato, il preside autoritario, gli amici maschi interessati solo al sesso), sia per quanto riguarda l’ambiente famigliare (la madre di Maddie disperata, lo zio pervertito, il padre di Legs alcolizzato). Nessun adulto possiede la maturità che dovrebbe. Anche l’aspetto sessuale e sentimentale viene radicalmente rimosso. Il film è percorso, fin dalle primisssime sequenze, da una tensione saffica mai sfogata. Vi è, in tutta la sua durata, un solo accenno all’amore (le ragazze in spiaggia che guardano il gelataio) e là dove una relazione comunque si crea, non può che essere anch’essa fallimentare (il padre di Legs con la sua compagna) o controproducente (una delle ragazze verrà espulsa dalla casa-comune per essersi innamorata). Inoltre questo universo femminile, costruito minuziosamente da Cantet, si articola lungo tre periodi: la prima parte, quella dell’adolescenza delle ragazze, caratterizzata da colori freddi, atmosfere spigolose e cieli invernali. La seconda, che inizia con l’uscita dall’istituto di Legs, è caratterizzata dal calore solare estivo, dalla sicurezza e protezione offerta dalla casa-comune e soprattutto dalla luminosità degli occhi di Legs, con i capelli tagliati corti. Ma questa sensazione di tranquillità non dura molto. L’ultima parte è un graduale crescendo verso il buio. Dal buio delle notti in cui le Foxfire si dedicano all’estorsione del denaro, al buio dello scantinato in cui viene nascosto il sequestrato. Questo buio infine si scontra con le inquadrature patinate ed anestetizzanti, da pubblicità Anni Sessanta, delle ultimissime sequenze in cui Maddie ritrova Rita. La rivoluzione, quella in quel momento in atto a Cuba, è definitivamente fallita ad Hammond.

Attraverso questi aspetti formali Cantet è impeccabile nel realizzare del cinema. Resta però la sensazione di un qualcosa di mancato, di una narrazione filmica depauperata della propria potenziale (ed essenziale) forza politica. Proprio la dimensione politica, cardine dell’atteggiamento di Legs Sadowski, non riesce ad esprimersi completamente attraverso il linguaggio filmico e resta per tutto il film un qualcosa di pronunciato, ma non enunciato. Resta quindi un pensiero privo di autorità e di equilibrio, talvolta addirittura sbandierato in modo quasi ossessivo, selvaggio ed anarchico (come accade con la figura, ai limiti della macchietta, della vittima sacrificale: l’insopportabile Mr. Kellogg), ma comunque senza mordente.

Tutto ciò a nostro avviso ha un perché: la figura chiave del film è quella di Padre Theriault, un anziano ex prete, saggio socialista e quindi chiaramente schierato ideologicamente. Il vero punto debole del film è di non aver inserito, a partire da tale figura, l’elemento di critica e di coscienza, che diversifica le azioni del gruppo da una semplice e rozza azione vendicativa, e prepotente, di una qualsiasi altra gang di quartiere (quella dei maschi, per esempio, con cui le ragazze spesso si scontrano). Questa differenza dialettica resta solamente appena accennata e mai s’infiamma. Il fuoco rivoluzionario (tatuato sulla pelle delle adepte Foxfire) resta una tenue fiammella, non viene mai percepito come una ribelle valanga ideologica di pietre rotolanti, tipiche di quel periodo (costituito dalla nascita in nuce di una miriade di movimenti di libertà ed emancipazione). La figura di Padre Theriault resta fine a se stessa, inserita con immaturità all’interno di un montaggio che pretende tutt’altra considerazione.

Se le sequenze della prima parte sono chiaramente caratterizzate dall’ovvia immaturità delle ribelli, in seguito proprio a quest’educazione rivoluzionaria mancata, agli occhi dello spettatore, la dimensione critica dell’atteggiamento di Legs si affievolisce, resta una sorta di anarchia personale, di antiautoritarismo esistenziale, tipico di una personalità indisciplinata e quindi irreggimentabile. Educazione che poi invece ricompare, inaspettatamente, nello splendido finale con Legs (forse!) fotografata con Fidel Castro in Sierra Maestra. Immagine che fa da contraltare alle splendide immagini patinate dell’ american way of life, già ricordate in precedenza. Questo è probabilmente l’unico, ma profondo, limite di questo film. Cantet manca nel non sfruttare il senso di rivoluzione mancata, quell’insurrezione popolare e militare avvenuta a Cuba, ma non ad Hammond. Resta troppo vicino alle parole del romanzo e troppo lontano dalla libertà proposta dall’immagine cinematografica. Tralascia, in nome della trasparenza della sceneggiatura e della potenzialità del romanzo, di sottolineare il potenziale dell’evanescenza e dell’hazard dell’immagine cinematografica. È questo il rischio che si corre nel fare un film troppo chiaro, dove tutto è spiegato, ma in fondo sono quelle stesse spiegazioni passive ad ammutolirlo e ad azzerarne il grande slancio: utilizzare pedissequamente una storia come semplice canovaccio, senza sfruttarne le radicali potenzialità che ne emergono.

La figura di Padre Theriault infatti compare nel percorso del film con inserti improvvisi, completamente slegati dal resto del discorso filmico (in un parco, su di una panchina anonima, davanti ad un aereo militare), compare con spiegazioni didascaliche del come si fa una rivoluzione. Inserti forse giustificabili fra le pagine di un romanzo, ma molto deboli e freddi nell’economia del montaggio cinematografico.

 

Foxfire – Ragazze cattive, regia di Laurent Cantet, Francia 2012, 143'.