È necessario, innanzitutto, premettere che il regista inglese Adam Curtis afferma di non essere per nulla interessato al cinema, considerandosi di fatto un giornalista e non artista (1). Pur nella provocatoria presunzione che le due cose si escludano a vicenda, è controintuitivo pensare a Bitter Lake, andato in onda direttamente sul canale online Iplayer dell'emittente BBC, come un oggetto incapace di andare oltre allo scopo di mero documento online.

Il film di Curtis dimostra piuttosto una notevole audacia formale attraverso l'interiorizzazione di una moltitudine di allusioni all'interno di un assemblage di immagini (il modello dichiarato è quello di Bruce Conner), in un sincretismo estetico tra New Wave francese e videoclip musicali, destrutturando la linearità narrativa dei documentari mainstream con una peculiare ipernarrazione, estremamente densa, flemmatica e analitica. Nel film si ripercorrono le tappe che hanno reso il Wahabismo (la versione più integrale e intollerante dell'Islam) il prodotto culturale più esportato dall'Arabia Saudita, in diretta proporzionalità con il commercio di petrolio.

Il punto di partenza è l'incontro tra il re saudita Abulaziz e il presidente Franklin Delano Roosevelt a bordo della USS Quincy, all'indomani della Conferenza di Yalta. Sarebbe in quest'occasione che i Sauditi avrebbero deciso di allearsi agli Stati Uniti, a patto di una non interferenza di questi ultimi negli altrui affari religiosi. In questo modo il Wahabismo può attecchire con virulenza in varie regioni del mondo arabo, prime fra tutte l'Afghanistan, paese che dagli anni '50 stava tentando di modernizzarsi con l'aiuto degli Stati Uniti. Quando nel 1980 l'Unione Sovietica invase l'Afghanistan in un estremo tentativo di esportare il modello comunista, i wahabisti tra i mujaheddin scatenarono una feroce controffensiva e trasformarono il conflitto in un affare tra i vari signori della guerra che si contendevano il potere, i quali combattevano e si avvicendavano in un caos perpetuo in grado di trasformare il paese in un vero e proprio cimitero per le occupazioni di potenze straniere, alla stregua in cui l'oceano di Solaris faceva crollare ogni certezza degli scienziati che, bombardando il pianeta con radiazioni, non si rendevano conto di subire loro stessi l'influsso dell'entità senziente del pianeta.

Nel film le immagini si susseguono come in un sogno scaturito dall'inconscio collettivo, in cui tutto continua a ripetersi, dal momento che i diversi attori del conflitto continuano a dimenticare le lezioni del passato. Curtis lancia una rete estremamente ampia e interconnessa, con la volontà di mettere in luce  la logica di ipersemplificazione sposata ingenuamente dalle società occidentali, grazie a leader quali Ronald Regan e Margareth Tatcher, che con le loro fiabe manichee dei buoni contro i cattivi hanno venduto al pubblico la visione infantile di un mondo complesso e multiforme, preferendo affidarsi nelle questioni tecniche alla tecnocrazia della banche, con esiti che oggi possiamo ben verificare.

La critica nei confronti di tale logica non si limita all'ambito politico ma anche alla metodologia di rappresentazione documentaristica. Infatti, a differenza di Michael Moore, che promuove volgarmente il proprio punto di vista politico sfruttando un'estrema linearità narrativa, Curtis preferisce presentare lucidamente il proprio discorso teorico, utilizzando le immagini come contrappunto visivo alle proprie parole, e non come mero accompagnamento,  supportato da una colonna sonora dark-ambient/post-dubstep che conferisce al film una disorientante e post-moderna sinfonicità.

In un'intervista con Errol Morris, Curtis ha affermato che "la storia è una serie di conseguenze non intenzionali derivanti da azioni confuse, alcune delle quali sono commesse da persone che possono pensare di prendere parte a un complotto, ma che non funziona il modo in cui avevano previsto" (2).  Si presuppone dunque che nel potere ci sia qualcosa di intrinsecamente sbagliato, e gli uomini, pur esercitandolo e lasciandosi assorbire dall'illusione di certezza che esso dona, non possono tuttavia rinnegare una certa oscura consapevolezza di armeggiare al buio con i destini di intere nazioni o continenti. Il film riesce dunque a rappresentare, cercando di dare un senso di prospettiva cosmopolita e universale, il modo in cui le persone e gli eventi sono imbrigliati all'interno di manifestazioni di idee e sistemi molto più grandi di loro.

NOTE

(1) http://filmmakermagazine.com/93080-im-not-interested-in-cinema-adam-curtis-on-bitter-lake/#.VXthl_ntmko

(2) http://www.slantmagazine.com/house/article/like-halfforgotten-dreams-adam-curtis-and-the-fragments-of-history