In un episodio della superba serie televisiva Louie, il comico (creatore e protagonista della serie) Louis C.K. confessa la sua passione per le barzellette della figlia Jane: «Adoro le barzellette di mia figlia, sono totalmente diverse da quelle degli altri. Faccio questo lavoro da più di vent’anni, le conosco tutte, anche quelle che non ho ancora sentito, ma non ho la minima idea di come finiranno quelle di Jane. L’altra sera, per esempio, inizia: “Chi ha permesso al gorilla di entrare a teatro?”, già l’adoro, non ho idea di come potrà andare avanti».

I film di Maren Ade, proprio come le barzellette della figlia di Louis C.K., rimettono sempre in gioco l’inaspettato, pur “truccati” da una struttura narrativa apparentemente elementare che fila via senza intoppi. Se da una parte, scena dopo scena, si crede di ritrovare le coordinate per mettere insieme i pezzi di una storia frammentaria ma pur sempre lineare, dall’altra si perde completamente la bussola dei vettori, ovvero dei personaggi, che la veicolano. In Alle Anderen, i sentimenti e i ruoli nella coppia non solo perdono l’ovvietà del film scadente, ma è questa stessa perdita a smarrirsi, lasciando anche lo spettatore più attento, spaesato davanti allo srotolarsi delle dinamiche tra Chris e Gitti, nonostante il calmo incedere di Ade nel metterli entrambi a nudo.

“La realizzazione di un film è il venir meno delle possibilità” afferma Bergala e noi ci crediamo, ma la regista tedesca fa di tutto per mettere in crisi una massima tanto ineccepibile, giocando le sue carte sulla distanza dello sguardo, che dilata e accorcia con il solo scopo di confondere “gli alberi per una foresta” e regalare dunque un’ulteriore possibilità ai personaggi, malgrado l’inequivocabile sentenza di trovare il proprio ruolo all’interno del film. Non a caso si parla di alberi e foreste, perché l’esordio alla regia di Maren Ade si intitola proprio Der Wald vor lauter Bäumen, o The Forest for the Trees (titolo internazionale), un’espressione per dire che se si è troppo coinvolti in una situazione si deve fare un passo indietro per ritrovare una prospettiva adeguata. Maren Ade però non ne ha la minima intenzione, convinta com’è che i suoi personaggi non debbano trovare il proprio ruolo, ma sbatterci contro, volenti (Chris e Gitti in Alle Anderen) o nolenti (Melanie in Der Wald vor lauter Bäumen).

Melanie, protagonista di Der Wald vor lauter Bäumen, è probabilmente il gorilla a teatro di cui parla Jane, che non riesce a prendere le misure e che gli altri spettatori guardano con sospetto interrogando il vicino per sapere chi l’abbia fatto entrare. È una giovane insegnante bavarese (noti, i bavaresi, per logorrea ed eccesso di sorrisi) trasferitasi a Karlsruhe dopo la rottura con il fidanzato, che l’aiuta con il trasloco. La frase con cui quest’ultimo si congeda sembra quasi programmatica: “Siamo entrambi adulti, no?”. Melanie annuisce con i suoi occhioni da cucciolo di labrador. Così la sua vita da adulta riparte in una nuova città. A scuola però, la sua “ventata d’aria nuova” non scalfisce l’oliato macchinario scolastico e anzi fa presto precipitare la sua autorità. Durante una lezione, un altro docente entra in classe tuonando “Dov’è la vostra insegnante?”, mancando completamente la presenza di Melanie tra i bambini. La vita privata non offre migliori risultati e dopo una prima piacevole serata con la vicina, il rapporto degenera sfiorando lo stalking. Troppo inquieta per essere il Jeff di Rear Window (dopo averla spiata vuole subito entrare nella sua vita), è pure troppo remissiva per la disperata distruzione della stanza ne L’Amour Fou e lo sfogo si esaurisce in un ridicolo scarabocchio sulla parete.

Sembra di essere di fronte all’ennesimo film sull’alienazione e l’incapacità di adattamento (al Sundance, dove nel 2003 il film vinse il premio della giuria, più di dieci anni dopo questi temi vanno ancora forte), e più o meno siamo da quelle parti, ma nel teatro c’è un altro gorilla, ed è la regista. Ade, consapevolmente, non prende le misure a Melanie, sempre troppo appiccicata o troppo indifferente per inquadrare l’inadeguatezza della sua protagonista, lasciandola sbattere contro gli specchi del proprio fantasma, quello del ruolo di adulta. Infatti, quando per la prima volta riesce a tenere sotto controllo la classe e l’alunna che ha appena finito di leggere un testo chiede “E adesso?”, Melanie scappa definitivamente a gambe levate.

Ade gioca sempre sul filo (lo fa anche in Alle Anderen), e per strappare il film a una chiusura a imbuto su un’evidente sindrome di Peter Pan, sopprime la sindrome e fissa Peter Pan. Affidandosi all’unico strumento narrativo in grado di combattere “il venir meno delle possibilità”, ovvero la fiaba, realizza un finale straordinario nel quale Melanie può finalmente rompere con il suo ruolo di adulta. Der Wald vor lauter Bäumen non è altro che la fiaba di Melanie, un gorilla a teatro.