Se esiste un autore letterario la cui influenza è stata decisiva per i registi della Nová vlna cecoslovacca, questi è certamente Bohumil Hrabal, dal cui romanzo Ostře sledované vlaky (pubblicato nel 1965) Jiří Menzel trarrà il suo esordio al lungometraggio, l’omonimo Treni strettamente sorvegliati (1966).  Menzel si era già confrontato con Hrabal realizzando Smrt pana Baltazara (La morte di Balthazar), episodio del collettivo Perlička na dně (Perline sul fondo, 1965), film interamente tratto da alcuni racconti dello scrittore (1).

Nato nel 1938, anche attore e regista teatrale, Menzel è compagno di banco di Věra Chytilová alla F.A.M.U. nel corso di regia cinematografica. Attratto dal cinema di Ford, Dovzenko, Clair e Chaplin (registi che a suo parere hanno in comune “l’interesse per l’uomo”), considera Partie de campagne di Renoir il “punto di partenza” da cui guardare il suo lavoro. “Sono allergico ai film che vogliono dire qualcosa a tutti i costi: a me piace uscire dal cinema con delle idee che si formano in me e che forse l’autore del film non voleva neanche esprimere” (2), dichiarerà Menzel negli anni Ottanta.

Impiegato presso lo studio Barrandov, il regista riceve la proposta di lavorare al trattamento di Treni strettamente sorvegliati insieme al suo autore letterario, Hrabal. In precedenza, altri colleghi avevano declinato la proposta – tra questi, Schorm e Chytilová. Come ricorderà Hrabal, al contrario, “Menzel si mostrò entusiasta […], sebbene in seguito avesse confessato di non aver avuto all'epoca la minima idea su come procedere” (3).

Regista e scrittore si mettono all’opera nell'elaborazione della sceneggiatura. Parlano a lungo, si confrontano, trovano numerosi punti di contatto nella loro visione del mondo, tanto che la collaborazione proseguirà con Skřivánci na niti (Allodole sul filo, 1969, pellicola sugli operai dell’industria pesante a Kladno durante lo stalinismo e a lungo censurata, destinata a essere proiettata solo nel 1990 al Festival di Berlino dove otterrà l’Orso d’Oro come miglior film), con Postřižiny (La tonsura, 1981) e con Slavnosti sněženek (La festa dei bucaneve, 1984), interessante riflessione sulla “normalizzazione borghese” del ceto medio cecoslovacco (4).      

Treni strettamente sorvegliati è ambientato nella profonda provincia boema. È il 1945: il giovane Miloš Hrma s’impiega presso lo scalo ferroviario del proprio paese, il cui capostazione è occupato solo dalla cura del suo allevamento di colombi e dalle rimostranze verso il presunto decadimento della gioventù, mentre il capo-manovra Hubička (Josef Somr) si dedica alla sua unica passione: le donne. Chi invece ha proprio qualche difficoltà con le ragazze è Miloš, timido e impacciato, che alla sua prima esperienza sessuale con l’amata Màša si dimostra troppo emotivo. Depresso dalla sua fallimentare prestazione (e dalla diagnosi medica di eiaculatio precox), tenta il suicidio tagliandosi le vene. Salvato, riuscirà a riscattarsi sessualmente con l’esperta Victoria Freire (Nada Urbánková), una tedesca che indirettamente lo spinge anche a un riscatto morale: Miloš, infatti, farà saltare in aria uno dei "treni strettamente sorvegliati" del titolo, ovvero le tradotte che trasportano truppe, mezzi e munizioni verso il vicino fronte in cui l'esercito tedesco cerca di resistere allo sfondamento dei russi.

Una volta completata la sceneggiatura, il primo problema incontrato da Menzel è la scelta del protagonista. Grazie all’intuizione della moglie del direttore di produzione, viene scritturato il cantante jazz Václav Neckár, “a dispetto del fatto che avesse un occhio più basso dell'altro e che una delle sue orecchie sporgesse dal capo come un’ala di pipistrello” (5). Il suo è un compito delicato: infatti, deve essere in grado di interpretare un personaggio straniato e straniante, senza però apparire eccessivamente costruito rischiando così di perdere immediatezza e spontaneità. Miloš è molto lontano dal tradizionale prototipo di carattere pensato per essere mediatore tra lo spettatore e la storia trattata, puntando all’obiettività e al racconto oggettivo. Il film, infatti, è interamente filtrato dal punto di vista del giovane ferroviere, tutto preso dalle sue personali preoccupazioni e dalla propria visione del mondo che sembra quasi non contemplare la grande Storia che lo circonda: la guerra, l’occupazione tedesca, il governo collaborazionista cecoslovacco. Temi che pur emergendo in modo evidente nella pellicola (così come nel romanzo), appaiono contingenze filtrate dallo sguardo lunare del protagonista, uno sguardo in grado di cogliere innanzitutto il grottesco nella tragicità dell’esistenza del singolo, la tragicomicità e l’assurdità del quotidiano. Un approccio, questo, che ritorna costantemente sia nella produzione letteraria di Hrabal, sia in quella cinematografica di Menzel, entrambe ricche di protagonisti non-eroi, assurdi e reali al contempo. Si potrebbe affermare che Menzel abbia utilizzato la vicenda narrata per dare luogo a un’efficace allegoria in cui lo stesso gesto finale di Miloš non è un atto resistenziale storicamente definito, quanto un gesto liberatorio, quasi conseguente la maturata consapevolezza della propria sessualità (un sicuro merito del film è di aver per primo trattato frontalmente il tema, sino allora lasciato sullo sfondo nel cinema cecoslovacco).

Alla sua uscita, il film fu attaccato dalla critica ufficiale cecoslovacca e russa per la sua “mancanza di realismo” (tra le accuse più dure, quelle della rivista Sovetskaja kul′tura). In vero, Treni strettamente sorvegliati è percorso da un realismo non comune, animato da una vena immaginifica che si traduce in situazioni e scelte stilistiche precise: i contrasti illuministici degli interni, le composizioni per accumulo di certi ambienti (si veda la casa dello zio di Màša, luogo in cui si consuma il primo rapporto sessuale del protagonista). Inoltre, Menzel lavora (seguendo anche in questo la linea letteraria tracciata da Hrabal) sulla lingua, che passa costantemente dal ceco più colloquiale a una lingua pomposa e ricercata, ma vuota (si veda in questo senso il personaggio dell’ispettore collaborazionista, che usa il linguaggio ufficiale per mascherare gli insuccessi delle truppe tedesche).

Ricco di momenti di sicuro effetto comico (si vedano i racconti di Miloš sulle imprese ben poco eroiche dei suoi avi), Treni strettamente sorvegliati esce nelle sale cecoslovacche in un’annata foriera di grandi successi di critica e di pubblico. Infatti, tra il 1965 e il 1966 sono distribuiti O slavnosti a hostech (La festa e gli invitati), Panna zázracnica (La vergine miracolosa) di Štefan Uher, Sedmikrásky (Le margheritine) di Chytilová, Lásky jedné plavovlásky (Gli amori di una bionda) di Miloš Forman e Obchod na korze (Il negozio al corso) di Ján Kadár e Elmar Klos. Quest’ultimo si fregerà del Premio Oscar 1966 per il Miglior Film Straniero: nel 1968 sarà proprio Treni strettamente sorvegliati a ottenere il medesimo riconoscimento, garantendo alla pellicola un’ampia distribuzione internazionale e al suo regista la realizzazione in tempi rapidi di Rozmarné léto (Un'estate capricciosa, 1968), incentrato sulle illusioni esistenziali dei tre protagonisti sullo sfondo di una località termale della provincia boema battuta da costanti piogge estive. Una riflessione che, come sempre nel cinema di Menzel, si tinge di un tono ironico, perché, come sostiene Hrabal, l’ironia è “la più alta libertà nel mondo senza di dio” (6).

TRENI STRETTAMENTI SORVEGLIATI (Ostře sledované vlaky), regia di Jiří Menzel, Cecoslovacchia, 1966, 93' (Criterion)

NOTE

(1) I registi degli altri episodi sono Věra Chytilová, Jan Němec, Ewald Schorm e Jaromil Jireš. Per una sintetica panoramica sul fenomeno della Nová vlna ci permettiamo di rimandare ai nostri La certezza dell’incertezza (https://www.filmidee.it/article/414/article.aspx) e Il realismo simbolico di Štefan Uher (https://www.filmidee.it/article/550/article.aspx).

(2) Dichiarazione contenuta in Floriana Joannucci, Silvana Silvestri, Cecoslovacchia/Polonia/Ungheria. Immagini di una cinematografia, De Luca, Roma, 1985, p. 30.

(3) Bohumil Hrabal, Caro signor Editore…, in Roberto Turigliatto, a cura di, Nová Vlna. Cinema cecoslovacco degli anni '60, Lindau, Torino, 1994, p. 245.

(4) Nel 2006, a una decina di anni dalla morte dello scrittore, Menzel girerà anche Obsluhoval jsem anglického krále (Ho servito il re d’Inghilterra, 2006), pellicola tratta dall’omonimo romanzo di Hrabal.

(5) Bohumil Hrabal, Caro signor Editore…, in Roberto Turigliatto, a cura di, Nová Vlna. Cinema cecoslovacco degli anni '60, cit., p. 246.

(6) Sergio Corduas, L’ironia praghese. Intervista con Bohumil Hrabal, in Bohumil Hrabal, Treni strettamente sorvegliati, e/o, Roma, 1996, p. 102.