Bruce Conner, Lettera al comitato direttivo della New York Film Makers Cooperative, 16 maggio 1969

Gentili signori,

un paio di anni fa ho proiettato i miei film due volte alla NY Cinematheque di fronte a più di 400 persone. Ho ricevuto il 75% dell'incasso. Risultava che soltanto 93 persone avessero pagato il biglietto e che dagli incassi fossero stati detratti 125 $ di “spese”, lasciando così in totale 23 $ per due spettacoli. Il proiezionista è arrivato con un'ora di ritardo, quindi il check, il livello del suono, il fuoco, etc. tutto è stato fatto con il pubblico in sala. Quando sono stato lì in cabina non c'era proprio nessun proiettore. Ho chiesto un proiettore 8mm che potesse andare a 5 fps a mi sono offerto di portarne uno dalla California se fosse stato necessario. Mi hanno risposto che non lo era, loro avevano il proiettore. Non era vero. Dopo ho ricevuto una lettera. Avevano la faccia tosta di domandarmi di proiettare i miei film gratuitamente. Poi mi hanno chiesto uno sconto. Ho risposto di no. Ho detto loro di noleggiarli dalla cooperativa allo stesso prezzo che pagano i circoli del cinema che campano tra stenti a Newark o a Boulder, Colorado. La cooperativa glieli ha noleggiati con uno sconto. Leslie Trumbull ha rifiutato di incassare la differenza di 120 $ e ha scritto che io sono stato ostile verso una causa meritoria. Ha poi lasciato intendere che la decisione proviene dal comitato direttivo. Questo va contro ad ogni accordo tra filmmaker e cooperativa dal momento che non si applicano sconti senza l'okay del filmmaker.

Ritengo che la Cinematheque renda un pessimo servizio ai filmmaker per via della cattiva gestione e dell'inettitudine di Jonas Mekas e il fatto che egli sia anche direttore della cooperativa è un palese conflitto di interesse. La cooperativa si è esposta ad un favoritismo verso un esercente alle spese di un filmmaker. La cooperativa non serve più gli interessi dei filmmaker. Io ritirerò definitivamente tutti i miei film dalla cooperativa e inviterò tutti gli altri filmmaker a fare altrettanto.

 

___________________________________________________________________________________________________

 

Jonas Mekas, Lettera, 20 maggio 1969

Ai filmmaker a proposito di Bruce Conner e altre cose

Mi dispiace, questa lettera non sarà molto razionale. Vedete, alla fine Bruce me l'ha fatta. Alla fine mi sono veramente stufato. Ne sento di ogni genere da tre anni su Bruce. Gli piace prendermi a calci ogni volta che ne ha voglia, così, giusto per dar calci. Ma essendo un contadino io sono molto paziente. E come ho detto in parecchie occasioni, un artista è nel giusto anche quando sbaglia. Sono fedele a quello che ho detto. E ho anche detto (sto sollevando la mia mano destra) che Bruce Conner è un artista. Ma una cosa è giusto e sbagliato e un'altra cosa sono le cazzate. E ne ho abbastanza delle cazzate di Bruce Conner. Non voglio nessuna discussione su quello che Bruce scrive nella sua lettera al comitato (e nella sua lettera al Canyon Cinema News, più di un anno fa). I fatti lui li sa già. A lui non interessa la verità. Non mente né finge di essere scemo: è semplicemente un cazzaro. A me sta bene quando queste lettere le scrive a me, posso ingoiare un mucchio di stronzate senza nemmeno aprire la bocca. Ma quando pretende che tutti i filmmaker credano alle sue cazzate, allora ha raggiunto il limite. Come disse Buddha, c'è un limite anche alle cazzate. Ci sono cose che nessuno dovrebbe andare in giro a raccontare. Bruce sa quello che la Cinematheque fa e sa le proiezioni che ospita. Ma gli piace giocare con le parole e interpretare letteralmente la parola “teatro” purché faccia comodo al suo capriccio di raccontare cazzate. Lui parla (o sogna) di “più di 400 persone” che hanno assistito alla proiezione, un iperbole che è oltre ogni possibile fantasia di chiunque abbia mai visto le dimensioni della sala. Lui sa benissimo che la proiezione non era stata preannunciata, che è stata tutta un'improvvisata – Bruca sa che venne a New York per altre faccende sue. Siccome Bruce era da queste parti, e io avevo tutti i suoi film, abbiamo pensato che era una bella idea proiettarli, anche senza un preavviso decente. E sa anche benissimo che gli è stato pagato tutto il ricavato, altro che i 23 $ di cui parla. Anche solo per questo, pur essendo io stesso un contadino, lo prenderei a calci in culo. Non c'è nessuno che ha bisogno di una buona sculacciata più di lui. Ad ogni modo, noi abbiamo ospitato quella proiezione, per omaggiare il nostro ospite, ma il nostro ospite si è rivelato essere un rapace cazzaro. La politica della Cinematheque è sempre stata la stessa: quando un filmmaker vuole avere una serata tutta per sé, deve prendersi il rischio. Ma anche quando andiamo sotto, paghiamo sempre e comunque tutte le spese e persino un minimo di 25 $. Ma ogni volta che noi programmiamo una proiezione, ogni volta che un film è noleggiato da altre cooperative, si paga sempre il prezzo pieno per il noleggio. Che, davvero, non è una cosa facile da fare, come sa bene chiunque abbia visto la quantità di pubblico newyorchese del cinema sperimentale. Giusto per darvi qualche indicazione: soltanto la retrospettiva su San Francisco a maggio è costata alla Cinematheque più di 4.000 $ di noleggio. Solo un'altra cosa: c'è una malattia che potrebbe chiamarsi “la paranoia del pubblico non pagante”. I filmmaker di New York l'hanno superata, ma a volte ritorna. Ron Rice ce l'ha avuta. Jack Smith ce l'ha avuta. Gli è passata. Tanti altri artisti di rilievo ce l'hanno avuta. C'è stato il celebre caso LeRoi Jone e Living Theater. È passata a tutti loro. Harry Smith non ce l'ha mai avuta: lascia entrare tutti alle sue proiezioni, pure la gente che passa per strada. È inspiegabile come Bruce diventi furioso per quei pochi, quei tre o quattro (davvero, quasi impossibile più di tre o quattro), che sono entrati gratis, come fossero nemici o qualcosa del genere. E allora, se un poveraccio non aveva soldi per comprare il biglietto? Non si rischia di diventare ricchi con quel suo dollaro. Dovresti preoccuparti piuttosto dei ricchi che non vengono e non pagano: perché preoccuparsi del poveraccio che viene e non paga? O entrare gratis, o non entrare affatto – cosa ne avresti fatto con questi posti vuoti tu? E poi, capita proprio che questi poveracci che ti danno alla testa siano proprio dei filmmaker. E noi abbiamo questa regola da quattro anni: nessun filmmaker deve pagare – loro i soldi se li devono tenere per comprare la pellicola. E noi su questa regola ci impuntiamo, non ci importa di quello che Bruce o chiunque altro può dirne. Sicuramente, Bruce, tu non vorrai approfittarti degli altri filmmaker, vero? I poeti si approfittano degli altri poeti? In contanti? Puah! Dunque, dove ero rimasto? Vorrei sembrare davvero furioso. Ma non ce la faccio. Come ho detto, citando Buddha un'altra volta, la mia rabbia non dura più di una scopata. E allora, io sto per chiudere la Cinematheque in ogni caso. Ci sarà qualcuno, ma pochissimi. Sto finendo i soldi. Ho creditori ad ogni angolo. Buchi nelle scarpe. Ne ho abbastanza. Sto cambiando indirizzo. Per chiunque lo volesse, eccolo: Bellevue Hospital, (Dept: Dngrs), New York City.

P.S. Questa faccenda deve concludersi con una nota seria. Ha a che fare con i termini “theatrical” e “non-theatrical”. Bruce si sbaglia (o sta sparando cazzate) quando parla di sconti. Lui crede che alla Cinematheque abbiano proiettato i suoi film scontati. E non è vero. La Cinematheque paga prezzo pieno ogni volta che proietta un film di Bruce. Quello che lui intende è che la Cinemathque non abbia pagato più che il prezzo regolare di noleggio: per come la vede Bruce, la Cinematheque è una sala commerciale e deve pagare prezzi aumentati (non ho nessuna idea del perché dovrebbe; di solito, in una situazione commerciale, operare ad una scala come quella della Cinematheque significherebbe avere soltanto una minuscola frazione del solito prezzo di noleggio). E questo fa fare molta confusione. Questa è la sola questione che merita di essere discussa dal comitato direttivo e da tutti i filmmaker. Riguarda la definizione di noleggio “commerciale” e proiezione “non commerciale. In un cineclub universitario una proiezione non commerciale (non-theatrical) può essere molto più grande e più commerciale di una qualunque proiezione commerciale (theatrical). Etc. Per questo motivo bisogna ragionare caso per caso. Ed è per questo che quando la questione riguardò le proiezioni della Cinematheque, fu il primo punto ad essere discusso. Si era tutti d'accordo che le proiezioni della Cinematheque non appartenevano alla categoria della proiezione commerciale e “theatrical”. In breve, la decisione può essere presa soltanto dalle persone che conoscono le dimensioni della sala in questione. Noi in New York ci siamo fidati dell'opinione della Canyon Cinema per le sale della West Coast, e la West Coast si è fidata delle decisioni della New York Film-Makers Cooperative. Non c'è un'altra via ragionevole per venirne fuori. Quando si firma un accordo con la cooperativa di New York (o una qualunque altra), cioè, quando si piazza un film per la distribuzione, si accettano automaticamente tutte le regole di quella cooperativa, che è diretta da un comitato. Questo vale anche per Bruce Conner (per la parte razionale di lui, cioè).

(testo tratto dal volume Canyon Cinema, a cura di Scott MacDonald; traduzione di Carlo Mezzasoma)