Ciò che si ricorda di un film a distanza di tempo sono, inevitabilmente, delle immagini, anzi frammenti d’immagini. Un’inquadratura, un primo piano, un veloce carrello. Quella scheggia d’immagine che si è andata a conficcare nel cervello e che difficilmente l’abbandonerà. Il cinema funziona come la memoria stessa, entrambi lavorano con le immagini.
Queste riflessioni, non certo originali, sopraggiungono ora mentre a distanza di qualche tempo (anche se poco) ci accingiamo a scrivere sul film di Nanni Moretti Habemus Papam. Cosa rimane del film, quale immagine resta impressa nella memoria? Se estendiamo l’esercizio a tutto il cinema di Moretti, anche quello più remoto, ecco arriva fatale la soluzione: sono pochissime le immagini che rimangono, bensì a prevalere sono le battute, le situazioni, i personaggi, i monologhi, il modo goffo e acuto che Moretti ha di relazionarsi con la realtà. Non è poco, anzi, ma non è tutto quello che il cinema permette. Non so se Moretti creda o meno nel potere delle immagini, probabilmente crederà nel cinema come forma di narrazione, come spunto drammaturgico per analizzare la realtà e i suoi vizi. Moretti crede sicuramente nel potere della parola e della scrittura, nel potere delle storie e nel carisma dei personaggi, i suoi.

Dopo la prima visione di Habemus Papam l’abbiamo considerato come uno dei migliori film del regista romano. L’idea di raccontare la crisi di un vescovo nominato papa è geniale. L’idea di raccontare oggi nell’Italia berlusconiana una storia d’inadeguatezza è a dir poco coraggiosa. La parabola incarnata da Michel Piccoli, dalla nomina alla fuga fino al discorso finale, è esemplare e riesce a racchiudere in sé il sentimento di una parte della Nazione, pur rimanendo un film molto centrato sulla biografia dello stesso regista, sulle diverse facce della sua personalità.
Alcuni sin da subito hanno colto nel personaggio di Piccoli e nella storia di cui si fa portatore un momento della recente biografia politica del regista Moretti, quando per via del movimento dei girotondini stava per essere acclamato nuovo leader della sinistra. Ricordiamo benissimo, perché c’eravamo, quel giorno a San Giovanni, la piazza gremita di sostenitori e l’arringa di Nanni acclamato dalla folla che esordisce dicendo: “non perdiamoci di vista”. Qualche mese prima, in una manifestazione della sinistra, rivolgendosi a D’Alema e compagnia bella disse più o meno: con questi dirigenti non vinceremo mai. Nanni Moretti stava per intercettare fatalmente la storica delusione dell’elettorato di sinistra che non avrebbe esitato un attimo ad eleggerlo papa.

Nanni, essendo un uomo di grande intelligenza, si è ritirato, si è eclissato, ha fatto come il suo papa, si è spogliato dei panni di leader e si è perso nella città. Nanni, essendo un amante delle parole, ha rinunciato di parlare una lingua, quella della politica, insidiosa, ambigua, cangiante, una lingua che non controlla fino in fondo. Ma attenzione, Nanni non ha mai smesso attraverso i suoi film di fare politica nel senso più alto e nobile. All’indomani dell’abbandono dello scettro papale della sinistra movimentista, Nanni gira Il Caimano l’unico film italiano ad aver affrontato e preso per le corna Berlusconi, l’unico nei vent’anni del suo impero. Moretti si è sempre confuso nei suoi personaggi e i detrattori non hanno mancato di far notare che lo stesso Nanni è un caimano. Ma questo aspetto non fa che aumentare la complessità della materia, non fa che aumentare i piani di lettura. In questo modo, quando fra vent’anni rivedremo Il caimano e Berlusconi sarà un triste ricordo, il film varrà ancora per quel tanto di confusione che il regista ha azzardato verso il suo personaggio, così osteggiato.

Questa confusione di piani è replicata in Habemus Papam che vede slittare il Nanni psicologo sul Nanni in crisi con la faccia di Piccoli (e lo stesso avveniva nel Caimano tra il regista Orlando e il politico Moretti). Lo stridore dello slittamento dovrà pur portare da qualche parte e rimane il dubbio se si tratti di una dialettica perpetua oppure di una metamorfosi che si concluderà con un’uscita di scena: il cinema di Nanni Moretti senza più Nanni Moretti. Ma se al cinema di Moretti togliamo Moretti, cosa rimane? Quale immagine resta ritta sull’orizzonte della memoria? Poche. Eppure qualcosa sta succedendo, se è vero che le parti più forti e potenti di Habemus Papam sono proprio quelle in cui Moretti non c’è, mentre le parti più deboli sono quelle in cui Moretti fa il verso a se stesso, forse un po’ stancamente. Il suo potere persuasivo – come quello di Berlusconi verrebbe da dire in questi giorni – sta svanendo, lasciando il passo a un’altra possibilità di cinema.


Habemus Papam, regia di Nanni Moretti, Italia/Francia 2011, 113’