«Ci si può chiedere se non esiste incompatibilità tra la parola cinema e la parola Inghilterra», era la domanda (retorica) di François Truffaut. Altrettanto retoricamente ci si potrebbe domandare se non esista anche una certa incompatibilità fra l'horror e l'Inghilterra. Per quanto possa sembrare strano, nonostante la robusta tradizione letteraria del gothic novel, il cinema dell'orrore all british ha fatto la sua comparsa, ancorché in modo eclatante, solo nel 1957, con i leggendari mostri in technicolor della Hammer Film. Parimenti strano (o quantomeno singolare), a produrre il primo horror di successo del cinema inglese, non fu la spericolata Hammer, bensì la più borghese Ealing, che già nel 1945 distribuì Incubi notturni (Dead of Night). 
 
Gli artefici del film sono due uomini di cinema tanto diversi quanto complementari. Il primo è l'affabile Michael Balcon (1896-1977), accorto produttore alla guida degli Ealing Studios dal 1938. Non ha in mente un cinema autoriale o anche solo immaginifico, ma possiede acuto spirito commerciale e buon fiuto per i giovani talenti (è lui ad aver spinto il giovane Alfred Hitchcock verso la regia) (1). Il secondo è un cineasta anomalo e apolide: Alberto Cavalcanti (1897-1982). Brasiliano di nascita, studente di architettura a Ginevra, lavora in Francia accanto ai cineasti della première vague (in particolare con Marcel L'Herbier, per il quale cura la scenografia de L'Inhumaine) ed esordisce nella regia, sotto il segno del Surrealismo, con Rien que les heures (1926); a partire dal 1934 è al fianco John Grierson, a produrre e realizzare cortometraggi documentari (2). Approda alla Ealing nel 1940, dietro richiesta dello stesso Balcon: «Ero sicuro che sarebbe emersa […] una specie di fertilizzazione incrociata delle nostre esperienze, qualcosa di molto diverso. È quello che accadde» (3). 
 
Alla Ealing, "Cav" (come viene subito soprannominato) svolge le mansioni di regista e supervisore. Il suo estro non tarda a manifestarsi, trasformando banali soggetti di propaganda bellica in operazioni originali e persino coraggiose (4). Balcon sembra soddisfatto dei risultati, e in occasione di questa prima (e sostanzialmente unica) (5) deviazione “orrorifica” della Ealing, affida alla tutela di Cavalcanti tre giovani registi: Basil Dearden, Charles Crichton e Robert Hamer (6). L'attenta supervisione del maestro brasiliano riesce ad amalgamare i vari segmenti del film senza però annacquarne la precisa fisionomia. Pur nella molteplicità di sguardi, infatti, Incubi notturni viene orchestrato intorno a due temi principali:la razionalità da un lato, l'inconscio dall'altro. La prima rimanda alla veglia, alla coscienza vigile, alla realtà; il secondo rimanda al sogno, alle pulsioni profonde dell'io, al soprannaturale. Approssimativamente, si potrebbe dire che i due opposti siano raffigurati, nel film, dall'architetto Walter Craig (Mervyn Johns) e dallo psichiatra Van Straaten (Frederick Valk). Il primo è tormentato dalla sinistra sensazione che la villa di campagna in cui si è recato per effettuare dei rilievi, sia il luogo privilegiato di un suo incubo ricorrente. Il secondo, al contrario, sostiene con dovizia di solidi argomenti che tutto ciò è logicamente spiegabile con un banale senso di déja vu. Stimolati dalle rivelazioni di Craig, gli ospiti convenuti nella casa per il canonico tè delle cinque cominciano a raccontare alcune storie legate al soprannaturale. E mentre lo psichiatra pedantemente si affanna a sciorinare spiegazioni scientifiche e logiche, ogni episodio dimostra esattamente il contrario, ovvero la sconfitta della razionalità: un pilota automobilistico in convalescenza dopo un incidente ha una premonizione della propria morte; una ragazza incontra un bambino ad una festa, salvo scoprire in seguito che si tratta di un fantasma; un giocatore di golf è perseguitato dallo spettro del suo ex-rivale… Gli eventi sfuggono al controllo dei personaggi, o più semplicemente rimangono inspiegabili, mentre la regia, da parte sua, non scioglie l'ambiguità, lasciando lo spettatore in uno stato di incertezza costante. 
 
 
I due episodi più efficaci e complessi di Incubi notturni, da questo punto di vista, sono anche i più noti. Il  primo, "The Haunted Mirror", diretto dall'esordiente Hamer, ha  per protagonista un antico specchio intarsiato. Quando lo sposo novello interpretato da Ralph Michael vi si specchia, non vede le pareti di casa, bensì un cupo interno vittoriano, con tanto di letto a baldacchino e caminetto acceso (7). In quel riflesso “qualcosa di malvagio” lo atterrisce e insieme lo attrae: lo specchio è una porta sull'abisso della sua mente, e non ci vorrà molto perché l'oggetto “stregato” porti a galla le sue pulsioni aggressive di neosposo frustrato e perbene. 
L'altro episodio, "The Ventriloquist's Dummy", diretto da Cavalcanti e posto a conclusione della raccolta, ruota anch'esso attorno al tema del doppio come “manifestazione oggettiva” dell'inconscio. Michael Redgrave vi interpreta un ventriloquo morbosamente legato al proprio pupazzo, tanto da arrivare a ferire un proprio collega a colpi di pistola, nel momento in cui si convince che questi voglia sottrarglielo. Anche in questo caso, Cavalcanti non risolve l'enigma: il pupazzo è davvero dotato di vita propria? O è solo una proiezione della mente stravolta di un omicida? 
Il surreale irrompe nel reale con mezzi semplicissimi, ottenendo effetti estremamente suggestivi: a Hamer basta un banale campo-controcampo per trasformare una camera da letto anni '40 nel “paesaggio mentale” di un uomo sull'orlo della follia; mentre Cavalcanti, pur adottando uno stile visivo quasi neutro, sfoga il guizzo surrealista forzando la recitazione “schizofrenica” di Redgrave per fare di una marionetta un individuo vero e proprio e  del suo manovratore un burattino inanimato.
 
Qualcuno ha voluto vedere in questa continua lotta fra ragione e irrazionalità «una sorta di messa in scena metaforica delle dinamiche e delle tensioni che serpeggiavano alla Ealing» (8). Quando alla fine della giornata, le inquietudini di Craig prendono forma e questi strangola Van Straaten, nella vertiginosa apoteosi finale si assiste alla liberazione dell'io dai lacci costrittivi del super-ego, spalancando le porte ai fantasmi dell'es. Al contempo, si può leggere questa sequenza straordinaria come «un magnifico sberleffo adirato» con cui i quattro registi  realizzano «una fantasia sulla soppressione del tiranno Balcon e della sua controllata razionalità» (9). Una fantasia completata dall'allucinante sequenza finale. Craig si risveglia nel proprio letto, lieto che tutto quanto fosse solo un brutto sogno. Si reca quindi al lavoro, che consiste nell'effettuare alcuni rilievi in una casa di campagna dall'aria familiare…
 
Incubi notturni non avrà praticamente seguito, tanto meno alla Ealing (10): nel 1949 il funambolico Cavalcanti salperà nuovamente verso il Paese natio, mentre il borghesissimo Balcon orienterà la sua produzione verso film «a immagine della Gran Bretagna e del carattere britannico». La follia di questi cinque episodi riemergerà solo a tratti negli anni successivi: per esempio in quella stravagante comedy of murders che è Sangue blu (diretta, guarda caso, da Hamer), nel brillio luciferino dello sguardo di Alec Guinness, mite impiegato con l'hobby del furto ne L'incredibile avventura di mr. Holland (Crichton, 1951), o nelle caratterizzazioni grottesche de La signora omicidi (Alexander Mackendrick, 1955). 
Ma questa è un'altra, e ben più conosciuta, storia.
 
 
NOTE
 
(1) Non solo: per conto della Gaumont British è anche il produttore, nel lontano 1933, del thriller-horror The Ghoul. Interpretato da Boris Karloff, è un altro dei rarissimi esempi di horror inglesi precedenti agli anni '50.
(2) Fra le sue collaborazioni più importanti si possono citare Night Mail (Henry Watt e Basil Wright, 1936) e North Sea (Henry Watt, 1938); sono completamente suoi, invece, Pett and Pott (1934) e Coalface (1936). Per una filmografia completa del regista si veda L. Pellizzari, C.M. Valentinetti, Alberto Cavalcanti, Editions du Festival International du film de Locarno, 1988. 
(3) Cit. in E. Sussex, "Cavalcanti in Inghilterra", in E. Martini (a cura di), Ealing Studios, Bergamo Film Meeting, 1988, p. 52.
(4) Fra gli esempi più interessanti, si possono citare il documentario antifascista (e antimussoliniano) Yellow Caesar (1941), esperimento di found footage, definito addirittura “profetico” da Jay Leyda (L. Pellizzari, C. M. Valentinetti, op.cit., pp. 36-37); e il lungometraggio di finzione Went the day well? (1943), tratto da un soggetto di Graham Greene, inizia come film di propaganda ad uso interno per poi cambiar pelle e farsi denuncia delle storture che la guerra introduce nell'animo umano: «Le persone di miglior carattere, come gli abitanti di questo villaggio inglese, appena sono toccate dalla guerra, diventano mostri assoluti» (Cavalcanti, cit. in E. Sussex, op.cit., p. 54).
(5) Balcon ritenterà il colpo solo dieci anni dopo, con il meno fortunato The Night My Number Come Up, diretto da Leslie Norman. 
(6) Charles Crichton (1910-1999) diresse in seguito, fra gli altri, L'incredibile avventura di mr. Holland (vincitore dell'Oscar come migliore sceneggiatura originale), e concluse la propria carriera nel 1988 con Un pesce di nome Wanda, vero e proprio “omaggio” alle commedie della Ealing. Robert Hamer (1911-1963) avrebbe diretto con successo Alec Guinness in Sangue Blu e Padre Brown (1954), ma la sua dipendenza dall'alcool finì per pregiudicare la sua carriera, oltre a causarne la prematura scomparsa. Basil Dearden (1911-1971), dopo Incubi notturni proseguì la propria carriera alla Ealing, sebbene senza produrre le opere di rilievo degli altri due coetanei. Fra i molti esordi di questo film, merita d'essere segnalato quello del direttore della fotografia Douglas Slocombe (1913), destinato a una lunghissima carriera, dal Polanski di Per favore…non mordermi sul collo! (1967) allo Spielberg di Indiana Jones e l'ultima crociata (1989). 
(7) A nessuno è sfuggita la somiglianza fra il riflesso "ottocentesco" dello specchio e gli interni "gotici" dei film Hammer di dieci anni dopo (cfr. fra gli altri, D. Pirie, "L'identificazione della Hammer", in E. Martini [a cura di], Hammer e dintorni, Bergamo Film Meeting, 1990, p
(8) E. Martini, "Piove sempre di domenica", in id., Ealing Studios, Bergamo Film Meeting, 1988, p. 42.
(9) Ibidem.
(10) A livello strutturale, tuttavia, il film servirà da matrice agli horror a episodi della Amicus Productions, che fra gli anni '60 e i '70 contenderà alla Hammer, senza riuscirci, il monopolio del genere in Gran Bretagna. 
 
 
INCUBI NOTTURNI (Dead of Night), regia di Alberto Cavalcanti, Basil Dearden, Robert Hamer, Charles Crichton, Gran Bretagna, 1945, 100' (Sinister Film)