Un film impostato sulla quiete apparente, quasi sulla calma piatta del pelo dell'acqua, e sul “surgissements”, parola francese che indica il sorgere nel suo movimento. Un “sorgimento” che è anche un (ri)sorgere, forse prima di morire. Forse. Un “sorgimento” che (ir)rompe (nel)la quietudine, monotona e provinciale di un angolo di paradiso. In realtà si squarcia la quietudine della vita nella sua routine, nella sua quotidianità. La metafora pare evidente.

Un film della luce. La luce, il sole, il verde della natura, tutto vibra, tutto è cristallino, nella leggerezza. In effetti è un piccolo paradiso alla portata di tutti, un possibile piccolo paradiso nella quotidianità della vita (estiva e in vacanza). Sospeso. Un limbo con l'apparenza della nuvola soffice. In realtà, in quest'angolo di paradiso si pratica il rimorchio gay estivo con sesso nelle fratte. Anche narrativamente parlando si è avvolti nella leggerezza, si gioca con lo spettatore con scenette semi-comiche, ma senza esagerare. Si evita così di cadere nello stucchevole e nel ridondante. Si mantiene anzi un mirabile equilibrio tra i diversi registri narrativi e visivi messi in gioco. Un film all'insegna del naturalismo sotto ogni aspetto visivo o recitativo. Di sceneggiatura, meno, e vedremo perché. Naturalismo per riprendere esseri umani che praticano il  naturalismo, corpi nella loro semplicità ed essenza “Naturale”: distesi sulla spiaggia del lago a prendere il sole, o addirittura filmati in veri e propri rapporti sessuali. Gay, per giunta.

Film di sesso libero. Quest'elemento è essenziale perché il film prenda il suo senso più pieno, se ci si libera da quei pregiudizi retrogradi e da quella “pruderie” cattolica di cui siamo malati, di cui spesso è malata la nostra grande stampa, in particolare nelle pagine di critica cinematografica. Sono in fondo divertenti, e addirittura aeree, le numerose scene di sesso. Filmate con molta semplicità, contengono, più di tutto, una carica di eros gioioso. C'è davvero un grande lavoro per dare al tutto la naturalezza e il naturalismo di cui sopra. Strumento fondamentale, anzi vettori veri e proprio, ne sono due giovani attori dalla grande forza e sensibilità interpretativa, rivelazione di due volti e due corpi con un anima, e che speriamo di rivedere.

Film teatrale sottilmente burlesco o film fumetto. Fondamentale in questa rappresentazione della naturalezza (perduta) è la narrazione, in parte strutturata in maniera opposta, cioè su una meccanica delle situazioni iterative perfettamente integrata, però, con un altro registro di sceneggiatura dove si avverte meno la costruzione (i dialoghi intimi tra Michel e Franck, la visione dell'omicidio…). Nel succedersi delle giornate, vediamo la stessa radura, che serve da parcheggio per le macchine dei nudisti, filmata dalla stessa angolazione, con la stessa luce. E' probabile che queste sorte di siparietti con la radura, volti anche a fornire indizi per aiutare lo spettatore nel capire il piccolo giallo del film, siano stati filmati tutti lo stesso giorno, ma è chiaro che questa semplificazione di regia e produzione diventa qui un procedimento che prende una significazione precisa: giorni diversi ma equivalenti. La sottolineatura continua di un piccolo limbo, un piccolo mondo sospeso e ovattato, edonista e incosciente. Ricorrono altri elementi iterativi, come il guardone palpeggiatore – un vero presenzialista, un incubo  simpatico in definitiva – o il terzo personaggio importante del film, ai margini di quel mondo, Henri. Bonario, rinunciatario del sesso, più saggio, etero dichiarato ma con qualcosa d'ambiguo: sempre seduto sulla destra della spiaggia, isolato, a guardare il paesaggio e le strane abitudini dei frequentatori del lago: tutto questo ricorda certo burlesco del fumetto e il gioco iterativo su situazioni e comportamenti ricorda soprattutto il comico proprio alla strip a fumetti, al limite anche il cinema di Jacques Tati. Una galleria di personaggi e situazioni da fumetto gaulois, in particolare alla Asterix, in versione commedia anarchica e gay-etero, a cui si pensava anche con Le Roi de L'Evasion, il precedente lungometraggio di Guiraudie e film di svolta nella sua cinematografia. Senza contare il personaggio dell'ispettore che pare uscito dai fumetti del Tintin di Hergé.

Film metafisico. Da dove viene "l'inconnu du Lac"? Nulla si sa dell'aitante Michel. Non arriva dalla radura-parcheggio come tutti gli altri, ma da “l'altra parte” del lago. Non si sa da dove viene, né dove va. Arriva dal nulla, tornerà nel nulla. Un entità o una proiezione dei nostri fantasmi, dei nostri desideri? L'inconnu è (siamo) noi stessi: film su una ritrovata identità e purezza o, lynchianamente, sulla nostra schizofrenia?

Sotto la sua rivestitura documentaria, L'inconnu du Lac oltre che film commedia sottilmente burlesco, è pure film fiaba (Franck il bambino/a che si perde e Michel l'orco/ lupo), e film parabola mitica ma su una modalità rovesciata: il male è qui un serpente-super Adamo che viene a portare fuori dall'Eden il protagonista (Michel), un Eva, anzi un Evo (Franck), che si lascia circuire, abbandonandosi del tutto.

Film d'amour-fou, quindi. Abbandonarsi così al proprio piacere nell'era dell'Aids, cioè dell'amore controllato e divenuto “innaturale”, vuol dire far finta d'ignorare l'epoca: secondo il cineasta stesso questo virus ha considerevolmente cambiato il modo di rapportarci all'amore e all'eros, poiché ha significato la fine dell'abbandono totale, amore e morte riavvicinandosi (si veda Mauvais Sang di Leos Carax). Abbandonarsi così appartiene a un era romantica perduta, quasi dimenticata, sedimentata però nei nostri ricordi “arcaici”. Siamo usciti dal Paradiso Terrestre: quando vi rientreremo? Michel è quindi pure metafora di qualcos'altro. La malattia, ma anche l'avventura, l'esplorazione: la conoscenza. La conoscenza de l'inconnu, come si dice in francese. L'Albero del Male, non a caso, è noto anche come Albero della Conoscenza. L'inconnu du Lac s'inserisce quindi in maniera nuova in un filone storico – quasi una disposizione dello spirito – della cinematografia francese, quello appunto dell'amour-fou.

Film politico. La preoccupazione dell'ispettore, personaggio tutt'altro che inumano, che indaga sul corpo ritrovato nel lago, è quella del destino di ciascuno dei frequentatori del luogo che non si preoccupano minimamente dei fatti anomali che si sono succeduti. Cioè di un senso della comunità ormai perduto, di una comunità gay poco attenta e cosciente, l'individualismo consumistico avendo divorato tutto: il cineasta è infatti afflitto dalla questione della liberazione sessuale recuperata dal Potere (come moltissime altre): dal comunitarismo libero e aperto a tutti si è passati ai matrimoni per tutti, dai luoghi di rimorchio selvaggi e anarchici si è passati ai club a pagamento, dove tutto è programmato, dove in realtà si è soli. Quelli che erano i simboli e l'immaginario stesso della liberazione anarchica degli anni sessanta e settanta sono stati recuperati in quanto estetica edonistica-egoistica, dalla pubblicità o meno, e si accetta passivamente che tutto sia calato dall'alto: i pantaloni a zampa d'elefante erano un invenzione dei ragazzi, la moda contemporanea, che oggi è solo riciclaggio sporco delle libertà perdute, li assegna dall'alto. Molti di noi giovani ne colgono solo l'aspetto estetico, cioè la superficie.

Film universale. Dopo tanti film etero o quasi etero, Guiraudie realizza il suo primo film interamente gay, per parlare di temi generali se non universali. Tutto quanto detto più sopra, la rivoluzione sessuale (assieme a tutte le altre) rovesciata nel suo opposto, la necessità di un desiderio libero e puro e l'avvento dell'Aids che purtroppo ha divorato, come un mostro dell'ombra, la possibilità dell'abbandono amoroso, la perdita di senso d'identità e della comunità e il conseguente sprofondare nell'alienazione, sono questioni che riguardano tutti.

Film noir, nel finale. Molto delicato, molto dolce, molto leggero, rivela solo gradualmente tutte le sue facce, come un frutto (proibito?) ricoperto da vari strati di buccia: improvvisamente, ci si accorge di essere in un film sulla solitudine odierna, sulla solitudine nella compagnia, nella comunità. In fondo siamo soli. L'ombra oscura ormai il cielo, la natura, i volti. Il volto. La vita?