Il riscatto della space opera, offuscata negli ultimi trent’anni dal primato della distopia e dall’ibridazione della fantascienza con il noir e il thriller, passa necessariamente dal recupero di un entusiasmo che si credeva ormai sopito: quello per l’esplorazione spaziale, e in particolare per l’ipotesi di un’esplorazione umana, celebrata fra gli anni Sessanta e i Settanta – sull’onda dell’euforia per le missioni Apollo – dal cinema dei viaggi e delle avventure interstellari. Se l’anima più avventurosa, fedele alle logiche di “azione” e “attrazione”, è stata già rivitalizzata da J.J. Abrams con la sua efficace rilettura di Star Trek, sul piano dell’esplorazione scientifica è invece Europa Report, esordio statunitense dell’ecuadoriano Sebastián Cordero, a iniettare nuova linfa nel sottogenere delle epopee spaziali.
Al contrario di alcuni illustri predecessori (2001 e Solaris), e dei loro più recenti epigoni (Sunshine), in Europa Report il superamento dei limiti dell’uomo non percorre sentieri metafisici, ma resta ancorato alle possibilità concrete della scienza: votato a uno spirito positivista, razionale e pragmatico, il film di Cordero propone un’indagine mirata ad ampliare la nostra concezione dell’universo, e lo fa immaginando la prima missione umana diretta su Europa, uno dei satelliti di Giove, la cui superficie ghiacciata potrebbe celare interi oceani di acqua allo stato liquido e, grazie alle fonti di calore subacquee, anche la vita. L’idea di progresso, di emancipazione conoscitiva, è centrale nella sceneggiatura di Philip Gelatt: «Comparata con la vastità del sapere ancora da acquisire, che rilevanza può avere la tua vita?» si chiede uno dei personaggi, ed effettivamente Europa Report esalta il valore del sacrificio individuale in nome del bene comune, per favorire l’evoluzione culturale delle future generazioni.
Questa spiccata fiducia nei confronti dell’esplorazione spaziale – così deliziosamente demodé se comparata alla cupezza della fantascienza contemporanea, spesso impegnata in disilluse metafore sociali ed esistenziali – si declina nella forma, ormai molto diffusa, del found footage, poiché l’intero film è costruito attraverso le registrazioni delle telecamere poste all’interno delle tute spaziali o negli alloggi dell’astronave. Non si tratta, però, di un mero espediente ludico: Europa Report tenta certamente di simulare la veridicità dei fatti, anche in virtù della campagna virale lanciata dalla produzione, ma la scelta del mockumentary si rivela assai sensata perché consente di scomporre la storia come un puzzle, adottando una narrazione non lineare in cui la suspense non scaturisce da “cosa” accadrà (molti eventi, infatti, vengono anticipati già in principio), ma dal “come”. L’effetto ansiogeno provocato dal vuoto spaziale o dall’ambiente extraterrestre, peraltro, risulta ulteriormente amplificato dai molti dettagli scientifici, che rendono Europa Report un raro esempio cinematografico di hard science-fiction, genere molto più comune in letteratura. In tal senso, la tecnica del found footage interviene non solo per favorire la credibilità della messa in scena, ma anche per raffreddare la percezione degli sviluppi narrativi, sfruttando le rigorose inquadrature in campo totale delle telecamere di bordo, volutamente anonime e rigide, per imporre una distanza critica, forse persino entomologica, dalle situazioni più drammatiche. Questo, però, non impedisce la realizzazione di alcune sequenze dotate di grande impatto visivo: le scene di avvicinamento a Europa e quelle ambientate all’esterno della nave possiedono il fascino raggelante dei documentari scientifici, mentre le inquadrature all’interno dei caschi spaziali intimano un brusco riavvicinamento emotivo alla sorte dei personaggi.
Con questa commistione di space opera e mockumentary, di entusiasmo positivista e simulazione del reale, Europa Report compie una sintesi insperata fra tradizione e innovazione, riaffermando la grande permeabilità della fantascienza non solo verso gli altri generi, ma anche nei confronti delle più svariate forme del racconto cinematografico.
Europa Report, regia di Sebastián Cordero, USA 2013, 89’.