Ugo Malaguti

1) Per il momento, purtroppo, i rapporti tra cinema e letteratura di science-fiction sono quasi inesistenti. Avremo avuto sì e no due o tre esempi di film tratti dai romanzi di questo genere, e per di più si trattava di classici come Wells che, con la concezione attuale di science-fiction hanno poco a che vedere. Sarebbe senza dubbio opportuno che cinema e letteratura di science-fiction (voglio intendere la science-fiction più impegnata e non quella a base di teratofilia e di sadismo fine a se stesso), si incontrassero in futuro con maggiore frequenza. Perché, se la science-fiction potrà trarne giovamento, vedendosi proposta al grande pubblico e all’attenzione dei critici, anche il cinema potrà trovare nuove strade di espressione al di fuori di quelle che, battute ormai da tempo, cominciano ora a mostrare la corda. È sintomatico vedere come la fantasia tenda ad avere una parte sempre più vasta nello spettacolo cinematografico: e l’incontro con una narrativa ancora in fase di evoluzione potrebbe dare, nelle mani di grandi registi, grandi risultati.

2) Senz’altro. Il miglior brano filmato di science-fiction che io ricordi è il finale di L’eclisse di Antonioni. E poi L’anno scorso a Marienbad (L’Année dernière à Marienbad) è un altro esempio di science-fiction ad alto livello.

3) Bene, penso che ci siano moltissime opere di autori ben più qualificati che meriterebbero di essere portate sugli schermi. Ho avuto sempre molta ammirazione per Theodore Sturgeon, che non scrive science-fiction vera e propria, ma che si mantiene ai limiti di questa narrativa, spaziando nella poesia. Penso che il suo Nascita del superuomo potrebbe diventare, nelle mani di un grande regista, un’opera di poesia difficilmente eguagliabile.

4) Riprendo la risposta precedente e aggiungo questo: quel grande regista non potrebbe essere altri che Michelangelo Antonioni.

5) L’autore che ha esercitato su di me la maggior influenza è senza dubbio Frederik Pohl. Il suo primo racconto pubblicato in Italia, Il tunnel sotto il mondo, comparso sul numero 1 di Galaxy, mi fece una grandissima impressione. Pohl è uno scrittore eccezionale, e io non esito a collocarlo al primo posto di una ideale scala di valori mondiali, come, d’altronde, fa Kingsley Amis. La validità di Pohl è assoluta perché, oltre a possedere un polso sicuro come scrittore (nelle sue frasi rapide, stringate, si avverte una immediatezza che ha subito presa sul lettore), e sociologicamente impegnato e, almeno a mio avviso, la  science-fiction sociologica è la più valida. Ammetto il mio debito verso Pohl: ed è stato l’esame accurato delle sue opere che a un certo momento mi ha fatto scegliere la strada della science-fiction sociologica, abbandonando le facili lusinghe di una tematica che, se poteva andar bene fino al 1940, ora è completamente superata. Anche se in Italia molti continuano a credere che i vari Stapledon e Rice Burroughs possano ancora far testo. Naturalmente vi sono alcuni altri autori che stimo e ammiro moltissimo. Clifford Simak, per i suoi racconti umanissimi e per il suo Anni senza fine che è, senza dubbio, uno dei più bei romanzi di tutti i tempi, in senso assoluto. E poi Isaac Asimov, specie in Cade la notte, e Sheckley. Senza contare William Tenn, Theodore Sturgeon e Damon Knight. E qui facciamo punto, perché la lista continuerebbe ancora per molto, se ci addentriamo nella schiera degli autori americani di “immediato rincalzo” alle spalle dei “grandi”.

6) Potrei cavarmela indicando quali definizioni della science-fiction, a mio avviso, sono sbagliate. Perché la science-fiction non è una letteratura d’evasione, né di second’ordine e  neppure un mezzo di divulgazione scientifica, come è stato detto da molti. La science-fiction può essere, in mano ad autori preparati, un nuovo modo di fare la letteratura. Perché la science-fiction, malgrado i deviazionismi, è un genere letterario come tanti, ma giovane, vivo ancora in attesa di darci il meglio di se stesso.

Roberta Rambelli

1) Ritengo che in maggioranza i film di fantascienza prodotti fino a ora abbiano contribuito a rafforzare nel pubblico medio la convinzione errata che la science-fiction consista in vicende di tarantole enormizzate, dinosauri ridestati, invasioni da parte di marziani-carciofo e uomini che si restringono di tre millimetri al giorno. Il pressapochismo della realizzazione e la qualità non eccelsa dei registi e degli interpreti hanno aggravato la situazione. Secondo me, i rapporti tra cinema e science-fiction dovrebbero essere, innanzi tutto, improntati a serietà: per lo meno, quando si tratta di science-fiction “seria”.

2) Dopo una dozzina di tragiche delusioni, evito con cura di vedere i film di fantascienza. Tra i film che ho visto, potrei indicare Il pianeta proibito come una buona realizzazione tecnica di un soggetto dignitoso; … e la Terra prese fuoco aveva un buon impegno polemico. In entrambi i casi si trattava di film di buon livello, di eccezioni alla triste regola che ho citato al punto 1). Ma non sono apparsi film che rappresentino, nel cinema di science-fiction, ciò che nella narrativa di fantascienza rappresentano romanzi come Anni senza fine di Simak, La fine dell’Eternità di Asimov, Gladiatore in legge di Pohl e Kornbluth, Ammazzare il tempo di Sheckley o La città e le stelle di Clarke.

3) Questa probabilità mi sembra molto remota. Non sono io, quella che ha la pretesa di lasciare tracce durevoli nella science-fiction italiana! Forse il primo episodio di Perché la Terra viva: ma non credo sarebbe facilmente realizzabile una story in cui due eserciti si combattono fino allo sterminio reciproco mentre i rispettivi Stati Maggiori fanno baldoria insieme, al sicuro. Ci sono invece tre bellissimi racconti che mi piacerebbe veder tradotti in film: Soddisfazione garantita, di Asimov (e mi dispiace che lui la pensi diversamente); Il tunnel sotto il mondo di Pohl e Ora tocca a noi, di Simak (lo splendido Il compagno mi sembra invece tecnicamente irrealizzabile).

4) Vedi sopra. Ma mi piacerebbe veder realizzato Il tunnel sotto il mondo da Kubrick (Kubrick e Pohl hanno la stessa sincera violenza polemica) e un film ottenuto da Il correttore di bozze e Soddisfazione garantita, di Asimov, realizzato da Damiano Damiani.

5) Non saprei. In assoluto? I poemi sumerici. Certi canti dell’Edda. Certe cronache medioevali. La novellistica minore del Cinquecento italiano. Il Flaubert di Salammbô, del quale ho tentato di saccheggiare l’atmosfera in almeno due romanzi. In senso più rigorosamente fantascientifico? Abbastanza ovvio: Simak e Asimov. Pur ammirando molto anche Fred Pohl, l’ho scoperto quando, come autore, mi ero già orientata.

6) La mia definizione è puramente metodologica: «Partendo da un dato o più dati scientifici incontrovertibili, o quantomeno accettati come probabili – od operando perfino un programmatico rinnegamento di una impossibilità concettuale, in qualche caso particolare, ma comunque senza indulgere mai all’errore scientifico – l’autore deve procedere attraverso un divenire rigorosamente logico, fino a raggiungere un risultato magari paradossale in apparenza, ma ricco di contenuto emotivo, scientifico, sociologico o quantomeno genericamente anagogico». A ogni modo, la più bella definizione della science-fiction l’ha data Simak, quando l’ha definita una «letteratura di speranza». Se me ne date il permesso, la sottoscrivo a mia volta.

Clifford D. Simak

1) In teoria, mi sembra che il cinema debba seguire la letteratura. La letteratura è la vera arte originale. Scegliendo fra i migliori prodotti della letteratura e dando a essi una interpretazione visiva e una profondità tridimensionale, il cinema ne diviene una estensione ideale e assume a sua volta, a buon diritto, la dignità di arte valida e significativa. Nel nostro Paese, assistiamo invece al penoso spettacolo della letteratura che segue il cinema. Hollywood realizza un film, poi paga qualcuno perché ne tragga un romanzo seguendone la trama. È uno spettacolo, molto cinema, cui si può assistere soltanto in America. I nostri film migliori sono stati quelli che hanno cercato di riprodurre le grandi stories scritte dai grandi autori, che tuttavia non erano state scritte per essere realizzate come film. Gli scrittori di Hollywood non sono dotati né di temperamento né di vocazione per realizzare essi stessi qualcosa che si avvicini alla vera grandezza. Mi ha sempre stupito l’incapacità del cinema di riconoscere la science-fiction per quello che è in realtà: una letteratura di speranza. In maggioranza, i cosiddetti film di science-fiction prodotti fino a ora sono stati soltanto film dell’orrore o poco più. Se il cinema ha intenzione di realizzare buoni film di science-fiction deve rinunciare (come gli scrittori di fantascienza hanno fatto da anni) ai mostri, allo scienziato pazzo, agli invasori extraterrestri. E deve rendersi conto che la science-fiction è una estrapolazione del nostro tempo che si occupa essenzialmente di un idealismo che è presente soltanto in pochissimi casi della produzione letteraria “normale”. Sono convinto che i film di science-fiction potrebbero film stimolanti e affascinanti, invece di essere tetri e avvilenti.

2) Mi faccio un punto d’onore di non andare a vedere film di science-fiction. Troppe volte, assistendovi, ho provato delusione, disgusto, vergogna. Per quel che mi risulta, fino a ora non è ancora stato realizzato un film di science-fiction degno di questo nome.

3) Sono piuttosto scettico circa le possibilità di veder realizzato per lo schermo uno dei miei racconti. Parecchie volte mi sono state fatte proposte che non hanno avuto esito. Attualmente, mi hanno proposto di realizzare il mio The Big Front Yard. L’idea non mi eccita affatto; non credo che si approderà a qualcosa, in primo luogo. Poi, temo che dovrei vergognarmene se lo realizzassero. Di conseguenza, ho cancellato il cinema dalla lista delle mie aspettazioni. Ma se un produttore competente, che si avvalesse dell’opera di qualcuno che sa cos’è la science-fiction, mi facesse un’offerta del genere, ne sarei compiaciuto. Anni senza fine sarebbe una possibilità; Le bambinaie e Immigrante potrebbero essere presi in considerazione. E così pure Courtesy. E ve ne sono altri: ma non ci sono soltanto i miei racconti! Vi sono centinaia di ottimi racconti e romanzi, dai quali si potrebbero trarre ottimi film. L’opera di Fred Pohl mi pare un eccellente materiale grezzo: così pure quella di Theodore Sturgeon e di A.J. Budrys. Ma perché continuare? L’elenco è lungo.

4) Non conosco abbastanza bene il cinema per poter fare una scelta fra i vari registi. Non potrei citarne nemmeno uno, se me lo chiedeste.

5) Questa è una domanda difficile. Volete sapere chi ha influenzato la mia opera? Riguardo allo stile, forse J.P. Marquand e John Galsworthy. Li ammiro entrambi, ho letto quasi ogni parola scritta da loro. Immagino che un po’ del loro stile si sia trasfuso, involontariamente, in me. Ho letto Proust, a piccole dosi… l’ho letto per anni, senza stancarmi mai. Il mio candidato come massimo scrittore di tutti i tempi è Faulkner e ho pianto la morte di Hemingway come un lutto personale. Rileggo Furore di Steinbeck e Il sole sorge ancora di Hemingway almeno una volta all’anno, per provare l’emozione di una buona lettura e per ricordare a me stesso che scrivere può essere una cosa bella e piena di significato. Se potete dedurre qualcosa da tutto questo, fate pure.

6) Non esiste una definizione soddisfacente della science-fiction. Così come la science-fiction non può essere scritta secondo regole fisse, non può venire