A De Witt, nel cuore dell'Arkansas, il quattordicenne Ellis è sveglio ancor prima che sorga il sole. Le pistole giocattolo e gli altri feticci dell'infanzia giacciono impolverati sulle mensole in penombra: Ellis osserva il Mississippi scorrere sotto la finestra e altro non rivendica che gli umori della sua nuova età. Con l'amico Neckbone fantastica di ragazze e sortite lungo il fiume, finché su un isolotto all'apparenza disabitato, incastrata tra gli alberi dove forse l'ha scaraventata una tempesta, la carcassa di una barca si rivela il rifugio ideale per due adolescenti affamati di avventura. È la prima metafora paradossale di un mondo diviso tra terra e acqua, giocoforza esposto al rischio di un ribaltamento: del resto il cinema di Jeff Nichols, così fedele all'immaginario della provincia rurale statunitense, ha sempre trovato nell'attenzione allo spazio, alla relazione fatalmente incerta tra individuo e ambiente, la sua cifra più limpida e coerente. Di fronte a questa dicotomia la lezione del realismo classico, cui le sue regie parrebbero riconducibili, risulta impercettibilmente scardinata, all'insegna di una precarietà che è sintomo e rimosso della cultura americana contemporanea.

Nel film d'esordio di Nichols, Shotgun Stories (2007), una spettrale cittadina dell'Arkansas ospitava il teatro di cieche faide familiari; in Take Shelter (2011) la paura dell'ignoto si declinava in apocalittiche allucinazioni sullo sfondo delle sterminate pianure dell'Ohio. Il merito di Mud, suo terzo lungometraggio, è quello di incrociare il monito di una Heimat in dissoluzione con le urgenze del racconto formativo: nello stesso istante in cui la macchina da presa, con un tilt-up sulle paludose acque del Mississippi, esprime in soggettiva il desiderio di sconfinamento di Ellis, ecco che per il giovane protagonista si innesca l'ingresso in una realtà gravida di conflitti, destinata definitivamente a trasformarlo. Cosa nasconde infatti lo sconosciuto sull'isola che, simile a un fantasma, compare alle sue spalle e si fa chiamare Mud? Come fidarsi delle sue parole? Assassino per amore, fuggitivo braccato da spietati cacciatori di taglie, Mud attende la bella Juniper e resta nascosto, in attesa di riparare la barca e scappare con lei attraverso il Golfo del Messico. Dal momento in cui Ellis decide di aiutarlo, avvia il proprio confronto con l'oscuro territorio degli adulti.

Questa iniziazione non può che avvenire con un rituale di immedesimazione, al limite del transfert: Mud, eroe romantico e fuorilegge, incarna un universo gotico di forze del bene e pulsioni irrazionali, indiscutibile polo di fascinazione per gli slanci adolescenziali di Ellis. Se nelle parole dell'uomo, e nelle sue omissioni, lo sviluppo dell'intreccio resta ancora ipotetico, nell'azione del ragazzino il racconto assume una dimensione concreta, immergendosi nella violenta materia del reale. La scrittura di Nichols, rigorosa nel raccogliere tutto quel che ha seminato (indicativa la sequenza del morso di serpente), costruisce perciò specularmente i percorsi di Ellis e Mud. Entrambi, per poter guardare al futuro, dovranno affrontare l'elegiaca traversata del disincanto: l'uno accettando la separazione dei genitori e l'addio alla casa sul fiume; l'altro prendendo coscienza di un amore impossibile, ormai perduto.

I molteplici riferimenti che il film racchiude in sé ­– dai romanzi di Mark Twain alle malickiane badlands, da Night of the Hunter a Stand by Me – non offuscano la solida originalità di Mud: merito di una fotografia tesa al lirismo delle dominanti paesaggistiche, di una vibrante colonna sonora folk-rock, di una puntuale direzione degli interpreti. Accanto ai dotati Tye Sheridan e Matthew McConaughey, spicca il volto di Sam Shepard nel ruolo di Tom, padre putativo per Mud, testimone residuale di un cinema ormai lontano cui tuttavia il film è consapevole debitore. Il grande racconto americano non è ancora concluso, e trova la sua palingenesi nel paziente lavoro di aggiornamento con cui Jeff Nichols sembra intenzionato a farsi strada.

MUD, regia di Jeff Nichols, USA, 2012, 130'