Quello di Hong Sangsoo è un cinema del doppio, dello sdoppiamento indefinito, della ripetizione con varianti, dell’infinito propagarsi di unità, tra loro speculari e intercambiabili. I film del regista sudcoreano sono inesauribili variazioni sul tema – il conflitto tra i sessi, l’emancipazione femminile, la mediocrità maschile – la sua filmografia è un groviglio di storie collegate fra loro e di simmetrie che si può attraversare con mille percorsi, emblema delle infinite variazioni e divaricazioni casuali che la vita può prendere. Fare due/tre film in un anno tra loro strettamente correlati, oppure fare due film in uno, presentati ai grandi festival internazionali è la prassi per il regista, dove gli stessi festival sono spesso i contenitori delle storie dei suoi film, la sua dimensione esistenziale, i suoi “Stardust Memories” in un cinema che pullula di figure autobiografiche e affini, registi, personaggi del mondo del cinema e in generale artisti e intellettuali. “La routine è importante” sostiene il protagonista di Right Now, Wrong Then, guarda a caso un regista, ed è routine anche la scrittura di Areum di The Day After, come spiega nel colloquio.

Così dopo il film presentato a Berlino, On the Beach at Night Alone, Hong Sangsoo si sdoppia nuovamente a Cannes presentando due opere. La caméra de Claire, fuori concorso, ambientato proprio nel contesto del festival francese dell’anno scorso, dove ritrova Isabelle Huppert che già aveva recitato per lui in In Another Country, e che qui interpreta il personaggio dal nome dichiaratamente rohmeriano. E dove torna nelle spiagge come quella del film a Berlino. E poi The Day After in concorso. Tra i due film emerge subito una macroscopica simmetria narrativa, quella del licenziamento: in La caméra de Claire Manhee è licenziata dal suo capo a causa della sua relazione con il regista, mentre Areum in The Day After, la nuova impiegata dell’editore Bongwan, è dimessa al termine del suo primo giorno lavorativo perché il suo principale decide di ridare quell’unico posto di lavoro nella sua piccola casa editrice, alla precedente impiegata con la quale ha una relazione. In entrambi i casi pesano le situazioni sentimentali e la gelosia, in decisioni che vengono comunicate, come tutti i nodi nevralgici nel cinema di Hong Sangsoo, durante momenti conviviali a tavola, nel secondo caso anche brindando. Ma i richiami reciproci tra i due film non finiscono qua: le foto di Claire e quelle notturne di Bongwan, il lutto di Claire per il marito, quello di Areum per la sorella, in entrambi i casi raccontati dai protagonisti nella totale indifferenza del proprio interlocutore. In La caméra de Claire avviene, però, qualcosa di dirompente rispetto al consolidato stile di regia di Hong Sangsoo: in alcune delle classiche scene ai tavolini, i personaggi si alzino e cambino di posizione sedendosi su un’altra sedia. Succede tra Manhee e la sua capa e tra Claire e il regista So Wansoo, fino ad arrivare al tavolino vuoto. Del resto, i film di Hong Sangsoo sono così: tavolate alle quali, tra un film e l’altro, i tasselli cambiano o semplicemente si spostano e si invertono.

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In The Day After avviene un continuo interscambio di ruoli tra la figura di Areum e l’amante di Bongwan. La prima viene scambiata per la seconda dalla moglie che, in un raptus di gelosia, la aggredisce. Sempre davanti a un tavolino, l’editore cerca di far ragionare la moglie convincendola a fatica dello scambio di identità, assicurandola di non sentire più l’amante che probabilmente in quel momento è in Inghilterra o da qualche altra parte all’estero. E qui Hong Sangsoo apre un’altra sua finestra di digressione, con il richiamo a un altro film, On the Beach at Night Alone, dove la protagonista si era rifugiata all’estero (in realtà ad Amburgo). E situazioni analoghe hanno luogo in Night and Day e, ovviamente, in La caméra de Claire. Ma come sempre il regista mette dei punti da cui potenzialmente potrebbero partire ulteriori diramazioni narrative di contatto con altri suoi film. L’accenno alla sorella di Areum, morta, allude a ulteriori possibili sdoppiamenti: Il tassista che porta Areum si ricorda di lei, come l’avesse già vista; potrebbe essere la sorella ipotetica di Yourself and Yours ma quella di Areum è morta e peraltro non le somigliava nemmeno, era più femminile, come lei stessa racconta al tassista. Quando poi l’amante ritorna e Areum viene licenziata, la coppia diabolica escogita lo stratagemma di ribaltare nuovamente la verità per la moglie, in modo da farle credere che l’amante è in realtà Areum e viceversa. Tra Areum e l’impenitente Bongwan, l’uomo mediocre di Hong Sangsoo che comprende anche un suo stesso autoritratto, in fondo potrebbe nascere qualcosa, se non intervenisse il caso nella forma del ritorno della di lui amante. Le loro chiacchierate sono di natura alta, filosofica, parlano di inconoscibilità della realtà, del Verbo e di Dio. Tra le tre donne di The Day After, moglie, amante e impiegata di Bongwan, i passaggi di scena sono quelli tipici del regista sudcoreano, nel suo estremo minimalismo, nella sua pigrizia di spostare lo sguardo se non quando sia strettamente necessario. Incroci stradali, ingressi, pianerottoli. Esce una donna, entra un’altra, come fossero personaggi di un palcoscenico teatrale, i loro raccordi regolati dal regista con panoramiche a schiaffo.

Il continuo shift tra Areum e l’altra donna è lo stesso shift che regola i rapporti tra i diversi film del regista sudcoreano, film che possono sembrare intercambiabili, che slittano l’un l’altro per percorrere le infinite possibili varianti. O i nuovi tasselli che si aggiungono alla filmografia. E tra i molti possibili testi del regista, c’è anche la sua stessa autobiografia. Facile vedere nella condizione di Bongwan il punto di vista del marito fedifrago, giustamente umiliato dalle donne, affranto ma con una continua pulsione dongiovannesca. Lo stesso personaggio del regista di On the Beach at Night Alone – in cui si riversa Hong Sangsoo stesso nella sua celebre relazione extraconiugale con l’attrice, che ha suscitato scandalo in patria – ma ora visto dal suo interno, opposto a quello della donna di quel film.

Centrale, poi, in La caméra de Claire, il confronto tra il regista So Wansoo e Claire: il primo lavora con l’immagine in movimento, la seconda continua a scattare fotografie istantanee con la sua polaroid; immagini fisse ma continuamente catturate nel flusso di fotogrammi del cinema. Quella leggerezza nel rapportarsi con le cose e con la vita, quella vacuità da Nouvelle Vague di catturare il tutto e il niente. Anche i film di Hong Sangsoo, che sforna a ripetizione proprio come Claire scatta fotografie, sono delle istantanee della vita.

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Nell’infinito gioco di scatole cinesi del regista ora, nel film a Cannes che accompagna il film girato a Cannes, c’è posto anche per un’ulteriore sovrastruttura narrativa. Ricomincia la storia, come in Right Now, Wrong Then, dal punto del primo arrivo di Areum alla casa editrice. Come nella ripresa dopo il sogno di On the Beach at Night Alone ci sono nuovi personaggi che rimangono fuori campo. Si tratta forse dell’amante? Ma Bongwan e Areum sono ora consapevoli di stare rivivendo lo stesso copione, anche se non c’è una spiegazione. Non c’è bisogno. E, ancora, si tratta di percorrere un’altra deviazione rispetto a La caméra de Claire, che lascia in sospeso il fatto che Manhee venga o meno riassunta.

Anche il tassista è una voce fuori campo, che suggerisce un ulteriore shift metanarrativo per il cinema di Hong Sangsoo, dopo un film, Yourself and Yours, che replicava un altro film, Quell’oscuro oggetto del desiderio. Nel film che replica quello sul cinema a Cannes, protagonista è la letteratura. E il classico protagonista è un editore ma anche un critico, e anche Areum scrive; così come è il tassista a suggerire quanto lei al contempo sia scritta, un personaggio fittizio, una funzione narrativa. In un cinema in cui, aggiungiamo, la narrazione replica la realtà. E alla fine di The Day After ci sarà anche uno scambio di testi con il libro dello scrittore giapponese di Epoca Meiji Natsume Sōseki. Un autore che è stato storicamente ponte tra la letteratura europea e quella orientale, proprio come Hong Sangsoo guarda al cinema della Nouvelle Vague, ai racconti morali di Rohmer e alle sue Claire. E autore che, come nel cinema del regista sudcoreano, assume punti di vista diversi nei suoi romanzi, come in Il cuore delle cose, fino ad arrivare anche a quello di un gatto.