Definita “film transgender” dallo stesso François Ozon, l’ultima fatica del regista francese poggia su un terreno letterario particolarmente solido, quello di un racconto giallo di Ruth Rendell del 1985. La scrittrice – che ispirò anche  Il buio nella mente (1995) e La damigella d’onore (2004) di Claude Chabrol e Carne tremula (1997) di Pedro Almodóvar – pubblicò il testo stuzzicando immediatamente l’immaginazione del giovane Ozon, che pensò di trarne un cortometraggio. Il cineasta in erba fu tuttavia costretto ad abbandonare il progetto per insufficienza di fondi.

Una nuova amica nasce dunque come ripresa di un soggetto che il regista aveva immaginato molti anni prima e che nel presente gli permette di rifare i conti con un fantasma che da sempre alberga il suo cinema: quello dell’ambiguità sessuale come momento di riscoperta del sé. A discapito di un trailer che pare rinviare l’appuntamento con Romain Duris déguisé en femme all’infinito, il film non è la semplice cronaca del disvelamento di un’identità repressa, bensì l’analisi delle conseguenze che una simile rivelazione può avere sulle persone che circondano il soggetto in questione. Forse desideroso di prendere le distanze dal chiacchiericcio mediatico (e politico) e dagli imbarazzanti psicologismi che oggi minano il tema gender, Ozon sceglie di confrontarsi ironicamente proprio con l’altro, con il contesto ambientale e umano che dovrebbe accogliere un’identità in trasformazione.

In principio sono due amiche, Laura e Claire, soggetti femminili che aderiscono perfettamente alle aspettative sociali riposte nelle figlie della borghesia francese: sin da bambine si scambiano consigli e cure in interni rosati e sicuri; in seguito, scoprono l’altro sesso nell’antro di una sala cinematografica e, da qui, le prime ferite sentimentali e l’asprezza dell’invidia; infine, il matrimonio in bianco arriva a riparare ogni rancore e a confermare il rispettivo sistema di valori, almeno nelle apparenze. In una sequenza iniziale che rappresenta un vero e proprio saggio di economia narrativa, Ozon fa confluire la normatività della classe borghese – già elaborata in Nella casa (2012) e in Giovane e bella (2013) -, insieme alla natura necrofila della vicenda, con una rappresentazione depalmiana della defunta Laura, carica di controversa sensualità. Senza dimenticare la fiaba: come Amanti criminali (1998), infatti, Una nuova amica si apre sotto il segno del racconto per l’infanzia, con una bella addormentata che anche lo spettatore vorrebbe risvegliare dal suo sonno irreale.

Cronaca di passioni amorose irrealizzabili – quella tra coloro che restano e quella per una donna morta -, racconto di un’amicizia e ulteriore inquisizione sulle possibilità narrative insite nel dispositivo cinematografico, Una nuova amica esalta con lucidità la natura farsesca delle situazioni in cui le nostre certezze vengono improvvisamente sparigliate. Dopo la scomparsa di Laure, David decide di farne le veci fino alle estreme conseguenze, assumendo la propria parte femminile ed esplicitando il proprio piacere per il travestitismo. Claire, d’altro canto, dopo lo sconvolgimento iniziale, decide di assecondare l’emergere di questa nuova donna e potenziale amica, rimanendone via via sedotta. Quello che, in seguito alla scomparsa di Laura, si avvia a essere un tradizionale thriller triangolare, evolve così in un caleidoscopio di desideri e perversioni che conducono le relazioni tra i quattro personaggi principali verso configurazioni ogni volta difformi. Di nuovo, Ozon costruisce un mondo non eterocentrico, nel quale i confini tra maschile e femminile collassano e dove la verità dei personaggi non può che emergere dal travestimento. Il mascheramento riguarda infatti non solo David, ma lo stesso Ozon, che sceglie di apparire in un ironico cameo per incarnare l’unica figura brutalmente virile del film: quella di un molestatore baffuto che agisce al buio della sala cinematografica. Ma è la scena madre del film, ambientata nella discoteca chiamata non a caso “L’amazone”, a rivelare quale sia il vero soggetto della transizione in corso, ovvero la conformista Claire. Le parole della canzone Une femme avec toi, hit degli anni Settanta di Nicole Croisille e qui interpretata con disperata passione da una Drag singer, fanno emergere la vera condizione identitaria del personaggio, che vive il proprio essere donna diversamente dagli altri avventori del locale: non come una scelta, ma – è lei stessa a rivelarlo – “come un lavoro”.

Hitchcockiano per la distanza siderale da qualsivoglia ipotesi di realismo, Una nuova amica transita con leggerezza tra i generi, siano essi sessuali o cinematografici. Miscelando dramma e commedia, Ozon attinge a un immaginario infinito, con una mise en abyme di suggestioni e rimandi al cinema classico e ai suoi più seducenti cliché. Da Otto Preminger a Billy Wilder; dall’ossessione per le donne defunte, agli uomini costretti al travestimento per trovare la propria, vera identità. Fino all’inevitabile Vertigo, riproposto nella sua versione transgender, ovvero sottraendo il punto di vista all’universo maschile e trasferendolo a un soggetto ibrido, una macchina da presa che seziona e feticizza tanto il corpo di David/Virginia quanto quello di Laura, esattamente come Scottie faceva con Madeleine e Judy.

Anche gli spazi vengono sottoposti a un simile processo di ibridazione, con una regia pulita e tendente alla stilizzazione – ben lontana dai toni debordanti di Almodóvar, che pure ha raccontato soggetti molto simili – che riesce a combinare luoghi dalle identità profondamente differenti: interni domestici freschi di arredatore, centri commerciali senza anima, locali notturni dai colori sgargianti. Come in Nella casa, anche qui la città non ha nome, ma potrebbe essere una qualsiasi località francese. Il Canada con la sua architettura indistinguibile ha fatto da scenario alle riprese proprio per consentire di ricreare sul grande schermo una zona residenziale di villette che sembra uscire direttamente da un mélo di Douglas Sirk. Così, sono solo dettagli della messa in scena come gli squilli di un iPhone o le note di una canzone di Katy Perry a permetterci di collocare la vicenda in un tempo non troppo distante dal nostro. Un tempo in cui il melodramma è ancora possibile, sembra dirci Ozon, a patto di rintracciare i veri terreni di scontro sociale, spesso racchiusi tra rassicuranti mura borghesi.

Una nuova amica (Une nouvelle amie), regia di François Ozon, Francia, 2014, 107'