Ai cittadini di Amburgo (e specialmente a Gisella Stelly, che si è battuta per il progetto come una scaltra leonessa), dobbiamo una partecipazione finanziaria decisiva. Ai cittadini di Amburgo abbiamo portato il più bel dono che potessimo fare: un negativo originale (terza versione) del nostro film tratto dal poema tragico La morte di Empedocle di Friedrich Hölderlin, che ha avuto la sua anteprima pubblica (prima versione) al Festival di Berlino e al cinema Metropolis di Amburgo.

Questo negativo, che è stato montato nel laboratorio romano Luciano Vittori (che custodisce i 65 000 metri del negativo Eastmancolor 35mm impressionati e sviluppati per il film), l’abbiamo portato da Roma ad Amburgo al laboratorio Geyer Werke, dove, sotto la supervisione del signor Noack, la signora Heinrich ne ha bilanciato il colore, e dove da questo momento è depositato.

Come la prima e la seconda, la terza versione del film consiste di 147 inquadrature che si succedono nello stesso ordine e sono ugualmente ripartite in 7 bobine.

Le inquadrature – blocchi inseparabili di immagine e suono non intercambiabili – sono le stesse nelle tre versioni, ma ogni versione è composta da riprese (takes) distinte, differenti, di queste inquadrature, più o meno soleggiate, più o meno ventose; e queste riprese – all’inizio e alla fine – sono state montate con più o meno margine, a seconda di quanto accadeva o non accadeva, a inizio e fine ripresa, agli attori o attorno agli attori – nell’immagine e attorno all’immagine, nel suono: tensione, distensione, sospiro, sguardo, movimento, movimento del vento, cambio di luce, farfalle, cinguettio di uccelli, gracchiare di corvi, folate di vento… vicini o lontani.

Le differenze di lunghezza tra le bobine di una versione e il suo corrispettivo nell’altra versione arrivano al fino a 13 metri. Eppure la lunghezza totale di ogni versione non presenta enormi differenze: 3 629 metri, 3 618, 3 601.

La più corta è – casualmente – la versione di Amburgo. Essa è anche (casualmente) la più contrastata, quella col maggior numero di cambiamenti di luce, ma la meno soleggiata, quella coi colori più forti – la più scura, anche nei sentimenti, la più dura forse. E consiste – con qualche eccezione di ultimissimi ciak, come ad esempio l’inquadratura 145 – di riprese (takes) che non superano quasi mai la tredicesima: la media della nostra messe siciliana. La prima e la seconda versione invece consistono di riprese che arrivano sempre al 36o ciak: quasi sempre le ultime o le penultime riprese (o le penultime o le ultime!) della nostra messe siciliana.

Abbiamo montato la versione di Amburgo alla Filmhaus della Friedensallee al tavolo Steenbeck di Gisela Stelly nel marzo 1987 durante un seminario con circa 17 studenti provenienti da Vienna, Münster, Bielefeld, Berlin, Munich e Amburgo. La prima e la seconda versione le abbiamo montate da soli una dopo l’altra alla fine dell’estate e nell’autunno 86 a Roma. Il negativo della prima versione (la berlinese) è stato bilanciato presso Luciano Vittori a Roma e lì è depositato. Il negativo della seconda versione – anziché lasciare al co-produttore, com’è abitudine, un contro-tipo della prima versione – l’abbiamo portato a Parigi e lì fatto tirare alla L.T.C. di Saint-Cloud, dove è depositato. Alcune copie di questa seconda versione sono già state o saranno sottotitolate in francese, inglese e italiano.

La prima versione (la berlinese) era conosciuta in patria e all’estero come la versione della lucertola, perché in questa versione – mentre Empedocle si congeda dai suoi tre schiavi – una lucertola entra in campo che attraversa verso sinistra salendo due gradini. Ora si può battezzare la terza versione (l’amburghese) la versione del gallo, perché qui – sulle parole di Empedocle “è tua la colpa, povero Tantalo / hai profanato il santuario, disgraziato e / con presuntuoso orgoglio hai spezzato / il bel legame!” si sente cantare un gallo in lontananza.

Siamo molto fieri, con queste tre versioni del nostro film, di avere commesso un attentato contro la riproducibilità dell’opera d’arte nell’epoca della tecnica, ma – altresì – un attentato contro l’unicità dell’opera d’arte.

Abbiamo missato le tre versioni esistenti col nostro più vecchio complice, l’unico ingegnere del suono che ancora sopravvive, Louis Hochet, presso Éclair a Épinay-sur-Seine, dove si è fatto per tre volte il trasferimento ottico e si sono sviluppati i negativi. Dobbiamo le quattro versioni al tempo instabile, straordinariamente mutevole durante le riprese fino al 18 luglio sull’isola – e… alla preparazione approfondita di un anno e mezzo dei nostri attori e alla pazienza.

Il testo dei titoli di testa e di coda è lo stesso per ogni versione, ma una volta allineato a sinistra (versione di Berlino), un’altra volta a destra (versione di Amburgo), o centrato – in tedesco nella quarta (eventuale) versione, in francese nella versione di Parigi.

Differenze nelle copie: da Geyer ad Amburgo si usa lo sviluppo liquido, da L.T.C. a Saint-Cloud e da Vittori a Roma si sviluppa a secco. Per quanto riguarda il tiraggio e la scelta dei colori, non abbiamo cercato di arrivare al minimo comune denominatore, ma di raggiungere un compromesso tra la luce siciliana e quelle che ogni volta erano le abitudini e il cosiddetto gusto a Roma, in Francia e in Germania.

20 agosto 1987

“Un attentat contre la reproductibilité de l’oeuvre d’art”, pubblicato nella versione originale francese in « Filmcritica», n. 377, agosto 1987. Apparso in Jean-Marie Straub, Danièle Huillet, Écrits, Indipendencia Éditions, Paris 2012. Traduzione italiana di Tommaso Isabella.