Augusto Góngora e Paulina Urrutia hanno trascorso insieme venticinque anni della loro vita. Dopo il ritorno della democrazia nel loro paese, il Cile, al termine della sanguinosa dittatura di Pinochet, sono diventati entrambi delle figure di rilevanza pubblica: lui, giornalista, presentatore televisivo e autore di numerose inchieste sui crimini del regime che diedero vita al volume Chile: la memoría prohibida; lei, attrice di successo e successivamente Ministra della cultura durante il primo mandato presidenziale della socialista Michelle Bachelet. Quando, nel 2014, ad Augusto viene diagnosticato l’Alzheimer, Paulina inizia a registrare i momenti quotidiani e a documentare in video l’avanzare della malattia del compagno e marito.

Maite Alberdi, già autrice di numerosi documentari presentati nei principali festival internazionali, in The Eternal Memory si ritrova a trattare il rapporto con l’Alzheimer a distanza di qualche anno dal pluripremiato cortometraggio I’m Not From Here. Lo sguardo, delicato, intimo e autentico sulla vita di una coppia alle prese con una malattia degenerativa incurabile, estende il proprio orizzonte dalla sfera privata fino alla dimensione pubblica, interrogandosi sull’eredità culturale e sociopolitica del Cile post-dittatura.

Attraverso un lavoro che intreccia materiale televisivo d’archivio e vecchie registrazioni private, la cineasta cilena si concentra sul rapporto appassionato di Augusto e Paulina, in costante tensione tra la vita pubblica (mossa dalla vocazione civile) e la tenerezza della quotidianità dei due amanti: è in questo spazio che i due protagonisti sviluppano il loro lato performativo, che prende forma come un agire democratico e liberatorio, percepito tanto nelle apparizioni televisive nei film di Raul Ruiz, così come nella conduzione degli approfondimenti giornalistici della televisione pubblica liberata dalla censura pinochetista, fino all’incarico ministeriale al Palacio della Moneda.

Il sopraggiungere della malattia svela le prime crepe di questo slancio vitale della coppia: nelle struggenti sequenze domestiche filmate dalla camera di Paulina, a letto o di fronte a uno specchio, la donna interroga l’uomo, aiutandolo a ricordare il suo nome e quello dei familiari. Quando la memoria di Augusto vacilla, vediamo Paulina in lacrime, implorante, chiedendole di non dimenticarsi di lui. Ma la perdita della memoria, nel caso della coppia, non è e non può rimanere solo un fatto privato.

La forza del gesto filmico di Maite Alberdi risiede proprio qui: lo spazio di intimità e protezione che Paulina costruisce attorno ad Augusto, lungi dall’alterare l’equilibrio tra pubblico e privato, al contrario rende ancora più tangibile questa inestricabile complementarità della memoria. L’erosione dei ricordi provocati dalla malattia, difatti, non ha unicamente come risultato la tragica demolizione del patrimonio affettivo costruito nella vita trascorsa insieme dalla coppia (come una sorta di morte in vita, che anticipa quella del corpo), ma diviene anche la metafora di un oblio collettivo che chiama in causa un Paese intero: è il dramma di una democrazia fragile, minacciata da vecchi e nuovi patti reazionari (si pensi all’ascesa del nostalgico pinochetista Kast).

Attraverso l’indimenticabile omaggio alla vita di un uomo e di una donna – privo di retorica e sentimentalismi – e a un loro vivere militante, The Eternal Memory offre un inno all’amore incondizionato e all’esercizio della memoria come pratica individuale e collettiva. Vincitore del Gran Prix del Sundance e presentato nella sezione Panorama della Berlinale, il film è stato nominato, proprio mentre scriviamo, nella cinquina degli Oscar per il miglior lungometraggio documentario.