50 anni dopo la messa in discussione della manifestazione nel 1968, e un anno dopo la criticata edizione del 2017, la selezione di Cannes apre a nomi nuovi e a soluzioni di programmazione impreviste, rispondendo implicitamente a chi accusa il festival più importante del mondo di limitarsi a replicare se stesso e la propria mania di grandezza. A fronte della pressoché totale assenza di opere hollywoodiane (cui fa da contraltare l’astro nascente David Robert Mitchell, promosso in competizione dopo il successo di It Follows) o di film europei in grado di vantare divi di primo piano (eccezion fatta per il Farhadi spagnoleggiante in apertura, con Cruz e Bardem), la selezione propone un parterre che accanto ai pochi habitué (Hirozaku Kore-eda, Jia Zhang-ke, Nuri Bilge Ceylan) lascia spazio a registi più giovani e meno consolidati. Ben fatto, ma il rischio potrebbe essere quello di una proposta che si assesti su un frangente di cinema medio d’autore.

A conti fatti, le uniche scelte davvero coraggiose sembrano essere quelle di Yann Gonzalez (Un couteau dans le coeur) e Sergey Dvortsevoy (Ayka), che spingono all’estremo le forme del cinema di finzione attraverso tensioni opposte: la stilizzazione propria dell’opera del francese, e l’indagine etnografica del kazako. Oppure le sperimentazioni di chi crede ancora nella potenza narrativa del racconto cinematografico come Ryusuke Hamaguchi (Asako 1 & 2), accolto per la prima volta in competizione dopo il successo al Festival di Locarno con Happy Hour. Quanto all’Italia, quadra, in questo senso, la scelta di non presentare Sorrentino ma di offrire la ribalta al promettente ritorno di Matteo Garrone ai temi del suo primo cinema con Dogman, e ad Alice Rohrwacher con Lazzaro felice, nuova tappa di un realismo magico capace di mostrare il volto inedito dell’Italia contadina.

Sull’onda della ricorrenza sessantottina, Thierry Fremaux ha promesso un’edizione politica: dagli emarginati egiziani di Yomeddine di A.B. Shawky alla sovversiva scena punk sovietica di Kirill Serebrennikov (Leto), passando per la storia d’amore oltre le cortine della guerra fredda di Pawlikowski con Zimna Wojna e le combattenti curde protagoniste di Les Filles du soleil di Eva Husson, fino ai licenziamenti in fabbrica di En guerre di Stéphane Brizé; e saranno certo radicali anche le testimonianze al centro delle otto ore di Dead Souls di Wang Bing, che torna al tema dei campi di detenzione e ai loro sopravvissuti in quella che sembra essere la variante documentaria di The Ditch.

Sarà un festival di assenze e di sorprendenti presenze: tra gli autori in concorso, Godard ha già fatto sapere che non parteciperà, nonostante Le livre d’image sia al cuore della selezione principale, e non potranno esserci Panahi e Serebrennikov, entrambi impossibilitati a lasciare il proprio Paese. Ma forse niente è davvero cambiato se si aprono nuovamente le porte a Lars Von Trier dopo il divieto seguito alle provocatorie affermazioni filo-naziste: il suo The House that Jack Built figura tra i film fuori concorso e sarà tra i più attesi tra i cinefili, insieme a Nuri Bilge Ceylan, Terry Gilliam (The Man Who Killed Don Quixote) e Gaspar Noe (Climax). Non vanno poi dimenticate le polemiche sorte a seguito della decisione di posticipare le proiezioni dei film in concorso per la stampa, al fine di evitare malcontenti prima di quelle ufficiali, segno di una definitiva marginalizzazione del ruolo del critico a favore degli interessi delle compagnie di vendita.

Nella convinzione che l’atto critico non si debba limitare a un segnale semaforico, continueremo a seguire quotidianamente su queste pagine non solo i film in concorso ma anche quelli proposti nelle sezioni collaterali, da Un Certain Regard (dove attendiamo di vedere In My Room di Ulrich Kohler e Long Day’s Journey Into the Night di Bi Gan) a La semaine della critique, dove sarà presentato il primo lungo di Gabriel Abrantes con Daniel Schmidt Diamantino, e la Quinzaine des realizateurs, in cui figura anche il nuovo documentario di Stefano Savona, La strada di Samouni.

[Daniela Persico / Alessandro Stellino]