Oscillando tra esoterismo intellettuale e gusto dell’epopea, Ossang mette in gioco archetipi e icone popolari (il film d’avventura, la fantascienza, il noir, il road movie) in una forma narrativa destrutturata, che procede per folgorazioni ed ellissi e, attraverso lo sfaldamento degli scheletri di genere, evoca quadri allegorici e allucinati di un mondo crepuscolare. Nel tessuto visivo dei suoi film emergono gli influssi dell’espressionismo tedesco, dell’avanguardia russa, e di quella francese di Abel Gance e Jean Epstein, insieme agli echi delle scorribande cinematografiche dei surrealisti. Come nei romanzi di Burroughs, il plot è un complotto indecifrabile che non svolge, ma insidia la narrazione, la fa esplodere di continuo in una vertigine plastica entro la quale si agitano personaggi eccessivi e dai nomi altisonanti, scolpiti con tratti eroici ed ancestrali, marchiati da un destino che li costringe bruciare e a consumarsi per illuminare le tenebre che li circondano.

Oltre che cineasta, Ossang è musicista è romanziere. Ha studiato filosofia e giurisprudenza e si è diplomato all’IDHEC. Il suo primo lungometraggio, L’Affaire des divisions Morituri (1985), è stato presentato a Cannes. In seguito ha realizzato Le Trésor des îles chiennes (1990), Docteur Chance (1997), Dharma Guns (2010) e 9 Doigts (2017), presentati in svariati festival internazionali, tra i quali quelli di Locarno e Venezia.

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