R 21 aka Restoring Solidarity

Nel 1971 Red Army/PFLP: Declaration of World War di Kōji Wakamatsu e Masao Adachi terminava con un messaggio di alleanza internazionalista tra i combattenti del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina e i militanti dell’Armata Rossa Giapponese: due paesaggi di resistenza anti-imperialista e lotta armata rivoluzionaria si univano nel montaggio alternato di un documentario estremamente didattico che mirava a propagandare, come verità oggettiva, la creazione di un fronte armato internazionale. Il cinema veniva maneggiato come arma di liberazione, come strumento di propaganda in mano a due popolazioni colonizzate. E il cinema che venne fatto dai giapponesi in Palestina e dai palestinesi nella loro terra, ha generato un archivio di immagini rivoluzionarie in attesa di essere scoperte: un archivio imperfetto, incompiuto, sparso geograficamente, come la lotta che ha tentato di rappresentare.

R 21 aka Restoring Solidarity di Mohanad Yaqubi attraversa proprio questo archivio aperto e in divenire per stabilizzarlo, sistematizzarlo, ordinarlo cronologicamente (all’indietro) per frammenti e tracce: farlo diventare catalogo, percorso nel tempo e nella storia del conflitto israelo-palestinese. Nasce infatti come operazione di riscoperta, restauro e curatela da parte del collettivo di ricerca Subversive Films (di cui Yaqubi è tra i fondatori) di 20 film in 16mm custoditi a Tokyo dal movimento giapponese in solidarietà con la Palestina. Il film funge da raccolta e inventario di suoni e immagini di 20 bobine altrimenti disperse, con cui Yaqubi ripristina i rapporti di solidarietà tra i due paesi. R 21 aka Restoring Solidarity è racconto epistolare dove emergono le motivazioni del gruppo giapponese, le sue aspirazioni, i suoi ideali e i suoi incontri. Ha dunque valore testimoniale, ma allo stesso tempo riflette linguisticamente sul montaggio come strumento analitico in grado di costruire per lo spettatore una lettura storiografica indipendente che a partire dalla guerra in Libano nel 1982 arriva alla Dichiarazione Balfour nel 1917.

Una generazione in lotta sembra scomparsa, ma l’aggiunta del reel n.21 ai 20 già ritrovati segnala l’esistenza di un processo aperto, getta le basi per ulteriori riscoperte e per la costruzione di un archivio del futuro composto da immagini passate da proteggere e conservare. E chissà se queste immagini non appartengano già al nostro presente.

The Veiled City

Il lavoro di Natalie Cubides-Brady The Veiled City risemantizza le affascinanti immagini di repertorio del Grande Smog di Londra del 1952 piegandole ludicamente e fantascientificamente a una temporalità collassata, dove passato e futuro si influenzano a vicenda, si attraggono e respingono magneticamente. La narrazione visiva è accompagnata da una lettera fittizia, destinata a una ragazza di nome Ida, divisa in tre parti (Meridian Clouds, Dome of Ashes e The Horizon) e proveniente da un futuro post-apocalittico. Le immagini, montate precedentemente alla scrittura della lettera, non sono meramente illustrative e descrittive, ma dialogano per riverberi con il testo che ne trasforma dall’interno la temporalità materiale: i filmati di reportage del Grande Smog appartenenti al passato prefigurano disastri futuri, ne sono sequenze possibili.

Il punto di vista sulla catastrofe climatica che causò più di diecimila morti si fa straniante perché chi guarda nell’Antropocene ci è già entrato, lo ha già storicizzato. Questa doppia prospettiva dà l’impressione di trovarsi in un congegno temporale che produce nel medesimo istante un doppio movimento tra passato e futuro: tra ricordo e premonizione.

The Veiled City è dunque una sinfonia visiva urbana (sulla scorta di grandi maestri come Joris Ivens e Walter Ruttman) simile a un’esperienza psicogeografica, in cui tempo è spazio e spazio è tempo, in cui i vapori, i gas e le nebbie del 1952 calano dal passato su un futuro/presente prossimo, s’addensano davanti al nostro campo visivo immediato ricordandoci da un futuro immaginario che la catastrofe climatica è qui, è oggi, è presente.