È raro che il titolo di un film diventi una domanda rivolta anche allo spettatore, capace di interrogarlo direttamente, invitandolo a sovrapporre, alle immagini sullo schermo, le memorie personali e i propri innamoramenti, fatti di rivelazioni, di fratture e dei tentativi di non diventare estranei dopo la fine di una relazione.

La scelta di non dare un nome ai due protagonisti conferma la volontà, in Valerio Mieli, di raccontare una storia dotata di un valore universale, nella quale chiunque possa riconoscersi e elaborare una riflessione generale sulla natura dell’amore e della memoria. L’ambizione teorica e filosofica si coglie fin dalle prime immagini e in parte segnerà il ritmo della storia: ad esempio nella sezione iniziale, in cui l’impeto dell’innamoramento viene strozzato da dialoghi fin troppo cerebrali, forzati ad esplicitare le opposte posizioni teoriche dei due personaggi. Eppure, malgrado contraddizioni e debolezze, il film non naufraga, e nel finale ritrova la sua più sincera tensione, aprendo ogni scena su una possibile conclusione continuamente ritardata.

L’aspetto più affascinante è la scelta di ricostruire una relazione affidandosi interamente all’evocazione dei ricordi, elemento che ha portato diversi critici ad avvicinare il film di Mieli a Eternal Sunshine of the Spotless Mind. In realtà Ricordi? ha un tono più rarefatto e meno ironico, più vicino alle opere di Resnais che a quelle di Gondry. Se il regista americano giocava con le possibilità espressive consentite dall’esplorazione dei circuiti cerebrali, sovrapponendo scene e personaggi, Mieli sembra più interessato a caricare di significato e sottotesti la singola immagine, arricchendola delle associazioni mentali dei due protagonisti. Nel doppio flusso di coscienza incrociato nel quale il regista si immerge, il passaggio tra una scena e l’altra non segue alcun ordine cronologico, avviene invece inseguendo le immagini evocate da un luogo, rincorrendo le sensazioni risvegliate da un profumo o suggerite da una frase. Isolate dalla realtà nella luce onirica e a tratti mistica di Daria D’Antonio, le singole sequenze coltivano sempre il carattere misterioso della malinconia, rifacendosi a sensazioni private non sempre esplicitabili, alla vita interiore dei personaggi che allo spettatore rimane, e rimarrà, in parte preclusa.

Questo isolamento all’interno della psicologia dei due protagonisti genera un ripiegamento sulla realtà della coppia – presente anche nel precedente Dieci Inverni – a tratti claustrofobico, ma capace di illuminare angoli normalmente inesplorati della quotidianità di una relazione, svelando momenti di intimità profonda. Lo scontro tra due interiorità che progressivamente si fondono è un tema chiave della filmografia di Mieli, portato all’estremo in Ricordi? dove il condizionamento è tanto profondo da alterare i reciproci ricordi di infanzia. Questa trasformazione attraverso l’incontro dell’Altro è particolarmente riuscita nel personaggio di Linda Caridi, il cui sguardo acquista nel corso dell’opera profondità e consapevolezza, mentre il personaggio affidato a Luca Marinelli, nella sua dimensione continuamente irrisolta, rischia la prevedibilità e tende al pericolo dell’autocompiacimento.

Ciò non impedisce ai due attori di mettere in scena un rapporto d’amore autentico, che innerva di vita le domande teoriche che il film si pone sulla possibilità di vivere il presente, sulla nostalgia e sul trasformarsi dell’amore nel tempo. Domande che, rimanendo senza risposta, portano lo spettatore a rievocare il proprio vissuto per interrogarsi a sua volta e raccogliere la sfida che Ricordi? lancia sin dal suo titolo.