Ozon non è mai stato così hitchcockiano. È un bene? È un male? Un autore affermato, delineato, sorprendente ma, in quanto autore, individualmente definito e distinguibile, può permettersi un’imitazione di linguaggio talmente palese, non limitata alla citazione? Il doppio, il sospetto, la sensualità di Doppio amore sono infatti frutti cresciuti e maturati sulle suggestioni de La donna che visse due volte.

Si gioca a carte scoperte sin dalle prime immagini: il taglio dei capelli, la scala a chiocciola, il primissimo piano dell’occhio, qui direttamente collegato e sovrapposto, visivamente e semanticamente, alla vagina, come uniche vie d’accesso al personaggio di Chloé, di contatto con essa. Il persistente dolore al ventre di Chloé ha forse un’origine psicologica nel rapporto irrisolto con la madre, ed è così che avviene l’incontro con Paul, psicologo affascinante e attento, che le ridona vitalità. Ma anche il loro rapporto non è totale: stanno bene insieme, vanno a vivere sotto lo stesso tetto, ma sulla vita di lui calano troppe ombre e troppe domande non ricevono risposta. Così Chloé da figura vittima di molteplici misteri ne diviene il soggetto: è lei a non essere capace o a non permettere la realizzazione dei rapporti; con se stessa, col proprio passato e col proprio presente non ha che relazioni frammentate, sfocate, indefinite. È qui che la vertigine hitchcockiana ci permette una chiave di lettura grazie a cui il film acquista – forse solo così – nitidezza.

La trama sembra suggerire un doppio maschile, Paul e il suo fratello gemello Louis, che incarnano le due anime opposte e necessarie di un uomo, mentre bisogna sempre tenere in mente il duale Madeleine/Judy dell’opera di Hitchcock e declinare la doppia anima umana al femminile, di fronte a cui Paul/Louis non è che uno specchio deformante – ma per questo rivelatorio – per Chloé. È la dualità della protagonista a scindere tutto ciò che la circonda e a mostrare come in ogni uno ci sia un due, come in ogni unità ci sia molteplicità. Sin dal cortometraggio Deux plus un del 1991, Ozon sembra indicare che quest’ultima sia da preferire e che quella molteplice sia l’unica rappresentazione dell’uomo capace di cogliere almeno una parte di verità, quella verità che l’unità nasconde e rende sfuggente. Il conflitto che tra Paul e Louis è reale e reificato, occupando gran parte del film con la sua visibilità ostentata, è il conflitto che in Chloé si mostra interiormente come astrazione di una patologia di cui non sapeva di essere affetta, capace di indurle un disturbo psicologico. La cosiddetta fetus in fetu è il risultato di uno sviluppo embrionale anomalo per cui uno di due gemelli omozigoti ingloba l’altro individuo impedendone lo sviluppo ma tenendolo in vita all’interno del proprio corpo. Chloé è in qualche modo cosciente di questa presenza all’interno del suo corpo ed è come se questa si rivelasse nella sua doppia personalità, una che si realizza nel sedurre e l’altra nell’essere sedotta, senza che nessuna delle due possa avere successo per la presenza residua dell’altra. Tant’è che solo eliminando l’altro fuori di sé, Louis ucciso con un colpo di pistola, Chloé riesce a espellere l’altro in sé, un feto di quasi un chilogrammo, la cui crescita era stata confusa per una gravidanza. Si ha infatti l’impressione che Louis sia solo una figurazione, neppure di Chloé, ma dello stesso Ozon che ne fa un personaggio delineatissimo ma di pura finzione: Louis è un’ombra col volto di Chloé o col volto di chi le ha ridato vita, è la manifestazione della dualità irrisolvibile, è l’antimateria inavvicinabile.

In questo modo Ozon non sono riprende Hitchcock ma lo approfondisce, lo rende contemporaneo, è sì meno elegante e meno formale, ma vive e, svestito di classicità, torna a contestualizzarsi. Perciò Doppio Amore non si limita al rifacimento, alla ripresa di stile, ma è un’opera dialettica, che, proprio attraverso gli strumenti meno dialettici – lo specchio, la simmetria e il gemello – che si limitano a riprodurre e duplicare, ripropone il dramma dello Scottie di James Stewart a parti inverse.