Tra gli esponenti della nuova onda del cinema portoghese, una delle figure che riesce a caratterizzasi meglio attraverso un cinema istrionico e proteiforme è quella di João Nicolau, che con Technoboss, presentato nel Concorso Internazionale a Locarno, arriva anche al Milano Film Festival nella sezione The Outsiders. Scritto a quattro mani con Mariana Ricardo, già sceneggiatrice di Miguel Gomes, e montato con Alessandro Comodin, con cui continua il proficuo e reciproco scambio di ruoli, Technoboss prosegue nel cammino artistico di Nicolau fatto di spiazzamenti, algida ironia e surrealismo.

Luís è un esuberante sessantenne divorziato che aspira ad andare in pensione dal suo ruolo di direttore commerciale di SegurVale, Integrated System of Access Control. Le sue giornate sono scandite da lunghi viaggi in macchina e riparazioni di dispositivi elettronici di cui non riesce a comprendere il funzionamento. A cambiare la sua prospettiva sulla vita e sul futuro sarà una receptionist di un albergo dell’Algarve, la cui conquista rappresenterà una sfida capace di stravolgere tutti coloro che lo circondano.

Terzo lungometraggio di Nicolau, Technoboss riesce nell’intento di dar seguito alle felici intuizioni dei film precedenti riuscendo a innestare un racconto stralunato e sognante su un registro a tratti malinconico. Il film vive e trova la sua forza nelle proprie dichiarate contraddizioni: Luís canta su ciò che accade ma non siamo in un musical, guida tutto il tempo ma il film non è un road-movie, cerca di conquistare goffamente la receptionist ma non dà vita a una commedia sentimentale. Nicolau confeziona così un’opera multiforme in cui il vero elemento distintivo è la resistenza al mondo esterno da parte del protagonista, che con i suoi modi riesce sempre nel lasciare il segno sulle persone che lo circondano, incarnato splendidamente dall’esordiente, e forse inconsapevole, Miguel Lobo Antunes.

Nella sua esplosività, Luís cozza con tutti i personaggi in scena, tentando di non abbandonarsi alle lusinghe dell’età, ma piuttosto di affrontare il futuro con la buffa giovialità che lo contraddistingue. E sarà proprio questa caratteristica a permeare le maglie del racconto arrivando a contagiare anche gli altri personaggi, che si abbandoneranno alla vitalità di Luís verso una conclusione in cui la sua visione delle cose invaderà completamente lo schermo. Come nel finale di John From sarà proprio la volontà del protagonista a trasformare l’ambiente che lo circonda in un’escalation di surrealismo in cui tutti si arrenderanno al protagonista.