In una scena di Adolescentes una delle due protagoniste, Emma, si esibisce durante le prove di un corso di teatro cantando There Are Whorse Things I Could Do, da Grease. È il momento in cui il personaggio di Rizzo si mette a nudo e rivela come dietro il suo aspetto da ribelle si celi un animo fragile e innamorato. Emma canta, forse non troppo convinta di quello che esce dalla sua bocca, tanto che l’insegnante le chiede cosa voglia dire, secondo lei, quella canzone. “Che la ragazza ha tante domande”, risponde Emma. Forse è una risposta un po’ generica, una di quelle che darebbe un adolescente che non ha studiato. Ma, paradossalmente questa frase ci arriva limpida, lucida e  dritta verso il nocciolo della storia: gli adolescenti, di qualsiasi generazione, sono pieni di domande.

Partendo da questo semplice ma efficace tema, il regista francese Sébastien Lifshitz ascolta le domande e i pensieri di due adolescentes, due amiche tanto legate quanto diverse una dall’altra. Non solo racconta le vite di Emma e Anaïs – cosa le rende simili, cosa le differenzia –, ma soprattutto dà loro spazio e tempo (letteralmente) per crescere davanti alla macchina da presa. Come Linklater in Boyhood, anche Lifshitz segue le storie delle protagoniste per un lungo periodo, precisamente cinque anni, concentrandosi proprio sull’arco temporale che va dai 13 ai 18 anni. Il focus è appunto su quell’adolescenza di solito narrata come un percorso suddiviso in tappe, che sono spesso prime volte (in amicizia, in amore, nel sesso, nel rapporto con i genitori). Ma Adolescentes sembra volersi distaccare dalla narrazione tradizionale del coming of age, ribaltandone la struttura di base, per mettere in scena non tanto i momenti nodali del racconto di formazione, quanto piuttosto la tranche de vie che vi sta in mezzo. Mentre le ragazze crescono, il tempo si dilata ed entra in campo anche il quotidiano (una lezione, un momento di solitudine, un giro sullo skateboard).

Lifshitz non costruisce una storia sull’adolescenza, ma lascia che siano due adolescenti a parlare, a muoversi, a pensare ad alta voce. Emma e Anaïs, che spesso vediamo litigare con le rispettive madri e scontrarsi (e confrontarsi) con la generazione precedente, hanno numerosi dubbi e aspirazioni riguardo al futuro, un futuro che trova espressione attraverso opinioni sul presente, quello della Francia contemporanea, dove la paura si dirama dalla capitale fino a Brive, la città delle due amiche. Il regista inserisce all’interno del suo documentario alcuni materiali di repertorio: i notiziari del telegiornale e i video tristemente noti degli attentati terroristici di Parigi del 2015, l’attacco alla sede di Charlie Hebdo e la strage del Bataclan. Il flusso di vita delle protagoniste, ripreso come se non ci fosse un filtro tra loro e chi guarda, viene spezzato da frammenti ormai impressi nella memoria collettiva, trasmessi in tv, diffusi in rete; eventi esterni – come anche l’elezione di Macron nel 2017 – irrompono nella sfera privata di Emma e Anaïs, che si trovano poi a discutere, a scuola, in famiglia, tra amiche, di ciò che sta accadendo attorno a loro. Così il racconto di crescita delle due ragazze si muove parallelo alla Storia francese, si ancora alle coordinate spaziotemporali della contemporaneità, spingendo a chiedersi: cosa significa essere adolescenti, e più in generale giovani, oggi?

L’altro elemento d’archivio “estraneo” al fluire continuo di Adolescentes si trova a inizio film: sono le fotografie di Emma e Anaïs da bambine, ed è soprattutto sui loro volti e corpi che si leggono le tracce del passaggio del tempo. Lifshitz si avvicina a quei volti con genuina curiosità e profonda gentilezza, lo stesso approccio usato nel documentario Petite Fille, dove il tema del corpo che cambia diventa ancora più centrale (il film racconta la disforia di genere di Sasha, 8 anni). Il regista riprende la vita nel suo farsi, le protagoniste nella loro crescita. Allora comincia, con i titoli di testa, dall’infanzia, cristallizzata come ricordo nelle immagini fisse delle fotografie, poi lascia spazio all’adolescenza e conclude il film proiettando le strade di Emma e Anaïs verso il futuro, che rimane aperto, fuoricampo, ancora tutto da scrivere.