L’immaginaria partecipazione alle sofferenze degli altri promessaci dalle immagini suggerisce l’esistenza, fra chi soffre in luoghi lontani e gli spettatori privilegiati di un legame che non è affatto autentico […] Fino a quando proviamo compassione, ci sembra di non essere complici di ciò che ha causato la sofferenza. La compassione ci proclama innocenti, oltre che impotenti.

Susan Sontag, Davanti al dolore degli altri

 

Susan Sontag in Davanti al dolore degli altri porta avanti una riflessione sullo shock della rappresentazione fotografica, il quale ci pone, in modo quasi immediato, davanti alle sofferenze altrui, che prendono forma attraverso le immagini.

Dalla guerra civile americana, ai bambini vietnamiti bruciati dal napalm e  fino al campo di Omarska in Bosnia, l’autrice si domanda come sia possibile rappresentare il dolore degli altri, e fotografarlo privandolo degli effetti di voyeurismo.

Questa dimensione della sofferenza, sovente poco tangibile a chi ne è spettatore estraneo, diviene il leitmotiv attraverso cui si sviluppa Nei giardini della mente, documentario di Matteo Balsamo in concorso all’ottava edizione del Festival Internazionale del Documentario Visioni dal Mondo, in cui il regista affronta il tema, spesso stigmatizzato, della malattia mentale. La vicenda – distanziandosi da una narrazione lineare degli eventi – alterna materiale di archivio in bianco e nero dei momenti precedenti alla chiusura dei manicomi all’interpello di numerosi punti di vista differenti sull’argomento, dai medici psichiatri fino a fotoreporter come Ugo Pannella e alla storica piemontese Anna Maria Bruzzone.

Nonostante l’intreccio di storie in cui i personaggi si avvicinano e si allontanano risulti evidente fin dai primi minuti, la narrazione madre ruota attorno all’associazione Oltre il giardino, fondata dal fotografo Gin Agri e situata sul lago di Como. In questo luogo, dove il presente non viene mai offuscato e impera il principio di solidarietà, ogni membro si fa portatore della propria storia; fra i ricordi di sofferenze e le speranze per un futuro in cui le malattie psichiche cessino di essere un tabù per la società.

Passeggiando lungo queste traiettorie del dolore, le immagini – assimilabili ai reportage del fotografo francese Raymond Depardon – acquisiscono sempre più il valore di una testimonianza immediata e autentica, in cui i pazienti cessano di essere, ai nostri occhi, anonimi ritratti di disperazione; permettendo allo spettatore di planare lungo i luoghi di detenzione, avvicinandosi così alla solitudine di volti e corridoi anonimi.

Non rimane indifferente l’augurio finale di Lucia Battaglia (presidente dell’associazione) di riuscire a superare, nel tempo, tutte quelle difficoltà che persistono, anche al giorno d’oggi, nell’abbattere gli stigmi sul disagio mentale.

Lontano da pietismi e retorica Balsamo – nel costruire immagini estremamente cariche di valore esperienziale, ma senza la velleità di offrire risposte definitive – ci invita ad abbandonare gli occhiali di uno sguardo estraneo per indossare, esistenza dopo esistenza, una lente nuova, in grado di custodire giardini prima inesplorabili.