Bill Murray e il suo pregiato whisky tornano in scena, ma questa volta Sofia Coppola cala il tutto nelle ambigue e tragicomiche sfaccettature di un legame disfunzionale tra un padre e una figlia e di una sfibrante routine tra un marito e una moglie. Entrambi i rapporti vengono corrosi dalla scarsa comunicazione, che sfocia in fraintendimenti comici e allo stesso tempo dolorosi.

Murray nelle vesti di Felix irrompe nella vita della figlia Laura per aiutarla a risolvere alcuni dubbi riguardo un presunto tradimento da parte del compagno Dean, tentando così di colmare le sue mancanze di padre; un tipico ritratto da famiglia disfunzionale, sembrerebbe, che però non racconta solo le incomprensioni accumulate negli anni nei confronti delle persone che si amano di più, ma prosegue nel tratteggiare uno sguardo profondo e dettagliato sulle debolezze e paure dell’individuo, all’interno del grande universo misterioso delle relazioni interpersonali declinate nel furioso ritmo della contemporaneità.

Se in Lost in Translation la Coppola aveva tradotto in ironica stasi un incontro tra una donna e un uomo più maturo all’interno di una città dispersiva come Tokyo, portando alla luce un romanticismo condannato a finire a causa della natura irrisolta dei protagonisti, arenati in un limbo di solitudine ancora prima di conoscersi (“I’m completely lost”), in On the Rocks ogni personaggio si scontra con i propri vuoti tentando di mascherarli con comportamenti fuorvianti.

Felix, ex gallerista, trascina la figlia in una serie di nottate all’insegna del divertimento, un divertimento che tuttavia con il passare degli anni non riesce più a governare, perdendo il contatto con la realtà. Da qui l’eccessiva reazione ai sospetti di Laura sui tradimenti del marito, che sfocia in un grottesco piano di spionaggio per cogliere Dean in flagrante, cercando di insegnare alla figlia il proprio irremovibile quanto assurdo punto di vista: “He’s a man. It’s nature. Males are forced to fight to dominate and to impregnate all females”.

Nel film-origine di ogni teoria sull’incomunicabilità uomo-donna, L’Avventura di Michelangelo Antonioni, Anna rimprovera il suo compagno di “non saper sentire”, sottolineandone l’incapacità di percepire il disagio, quello stesso disagio che in pari misura il viveur ormai anziano interpretato da Murray in On the Rocks dichiara di non poter più udire: “I’m going deaf to woman voice”. Antonioni nel suo film segna una netta differenza tra lo sguardo erotico della donna, che convive col desiderio senza la necessità di appagarlo all’istante quando si manifesta, e quello pornografico dell’uomo, che appena si rivela lo deve subito uccidere per non fare i conti con la permanenza della passione. In On the Rocks Laura si chiede se l’uomo sia in grado di amare una sola donna e, non sapendosi rispondere, segue la traiettoria del padre che, nonostante la coccoli con gioielli e fiori per il suo compleanno, rappresenta proprio quel modello di uomo da cui vorrebbe scappare. Tuttavia, durante il periodo di incertezze maturate nei confronti del marito, la figura paterna rappresenta un guscio di protezione e quasi di idealizzazione della figura maschile. Il rapporto tra figlia e padre non mancava neanche all’interno di Lost in Translation, dove la protagonista, invaghitasi dell’affascinante Murray, sente anche un’attrazione affettiva nei confronti di un uomo da cui assorbire i segreti sulla vita e sul matrimonio.

Di ritorno in taxi, mezzo di trasporto emblematico all’interno del quale i personaggi della Coppola si confrontano con sé stessi e con quelli che gli stanno accanto, Laura chiede spiegazioni riguardo un beauty da donna trovato nella valigia di lavoro di lui. Questa scena è emblematica non tanto per l’oggetto estraneo, ma per la mancata comunicazione con Dean. Il marito spiega la situazione adducendo motivazioni semplici, senza indagare il motivo della domanda o le preoccupazioni della donna. Ancora una differenza di sguardi, che in seguito si farà latrice di possibili separazioni. L’incapacità comunicativa difatti non nasce veramente da ostacoli oggettivi, quanto piuttosto da scogli esistenziali: la storia ci mostra uomini e donne che fraintendono e che non riescono a cogliere i bisogni reciproci, portando alla luce una difficoltà di entrare nello spirito del profondo del proprio amato o della propria amata.

L’azione del fischiare nei momenti di silenzio o di tensione, che viene condivisa dalla figlia e dal padre, è un gesto tanto automatico quanto significativo di tentato avvicinamento nei confronti dell’altro, rivelando attraverso l’atto del canticchiare un amore vero e reciproco, anche se solo onomatopeicamente abbozzato. Lo stesso accade nel confronto finale della coppia innamorata che, dopo estenuanti tentativi da parte di Laura di scoprire la verità, decide di parlarsi veramente per scoprire che il presunto tradimento non era mai esistito. Tutto si esaurisce, come nelle migliori commedie agrodolci, in un sincero e aperto scambio di verità.