Il motto schilleriano che dichiarava la possibilità di ricostruire l’originale dalla copia, la verità del reale dall’opera d’arte, sembra essere smentito dalle figure e dalle forme che ormai affiorano dalla realtà virtuale e videoludica. Cosa c’è oltre la copia? Che sentimento alberga negli occhi vuoti e spersonalizzati dei volti generati automaticamente dal sito thispersondoesnotexist.com? Prima che scocchi Capodanno Morten pone con paura queste domande all’amico Jim. Se nella data del 31 Dicembre le persone ricapitolano le proprie memorie personali, il protagonista Morten, che non ne ha, s’avvicina ad un’altra soglia, forse non più rintracciabile: quella che divide la realtà dalla finzione.

Nell’universo del cortometraggio Happy New Year, Jim di Andrea Gatopoulos (presentato all’ultima Quinzaine des réalisateurs del Festival di Cannes) le gerarchie tra realtà autentica e finzione saltano. Se si rovesciasse il punto di vista lo spettatore si troverebbe nel vuoto abissale e nero che descrive Morten, le cui azioni avvengono tutte dentro la realtà virtuale: la guida del camion, lo scoppio dei fuochi d’artificio, la voce mediata da TeamSpeak. La superficie della copia non si può attraversare, perché esiste solo un al di qua. Questo spaventa Morten nel suo dialogo con l’amico Jim. Il fuoricampo è anch’esso simulato e simulacro, lo sguardo diventa gameplay, e il cinema si fa copia di copia, governato dalla routine dell’algoritmo, come sospetta il protagonista riguardo la sua vita.

La domanda implicita – di Gatopoulos e di chi guarda – che sorge alla fine è: quanto resiste di umano dentro l’universo digitale ed etereo del gameplay e del web? La risposta ancora non si sa, ma per il momento ci auguriamo: “Happy New Year, Jim”.